La cartilagine è un tessuto connettivo, caratterizzato da elasticità e flessibilità, che funge da cuscino, proteggendo le ossa durante il movimento. Spesso, negli anziani e nelle persone che praticano sport intenso, essa è soggetta ad usura ed inizia pertanto a logorarsi. Se danneggiata, è molto difficile che la cartilagine possa guarire completamente in modo spontaneo.
La domanda che dunque ci si pone è la seguente: come è possibile rigenerare nuova cartilagine evitando di arrivare, nei casi più gravi, all’intervento chirurgico? Una possibile soluzione ci viene fornita dai risultati di un recente studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Istituto di biorobotica Sant’Anna di Pisa, pubblicato sulla rivista internazionale “Acs applied materials & interfacespresenta“.
I ricercatori infatti hanno testato, nell’ambito del trattamento di patologie articolari, la tecnologia dei film ultrasottili (strati di materiale dalle dimensioni inferiori al micron) grazie a compositi di polimeri e particelle piezoelettriche. I ricercatori hanno quindi realizzato dei cerotti “nanostrutturati“, costituiti appunto da una miscela di polimeri integrata a nanoparticelle piezoelettriche composte da ossido di zinco. Tramite un piccolo intervento medico chirurgico non invasivo, il cerotto si aggancia al tessuto grazie al suo spessore ultrasottile che consente di sfruttare forze intermolecolari che ne facilitano l’adesione.
Una volta avvenuta l’adesione, il cerotto è in grado di resistere all’interno del corpo umano per 90 giorni circa, dando l’effetto terapeutico solo sul tessuto danneggiato. Una volta esaurita la sua azione, i polimeri usati sono in grado di riassorbirsi nel lungo termine e anche le particelle piezoelettriche possono essere degradate in componenti riassorbibili.
Leonardo Ricotti, docente dell’Istituto di biorobotica, ha commentato: “E’ un primo passo verso lo sviluppo di materiali intelligenti che consentono, grazie ai loro stimoli, di rigenerare i tessuti. Nei prossimi mesi cercheremo di sviluppare dei sistemi in 3D combinandoli con altri stimoli fisici, come gli ultrasuoni, per aumentarne il potenziale terapeutico”.