Restrizione calorica controllata per curare e prevenire la tubercolosi

Un recente studio italiano ha dimostrato che la restrizione calorica controllata è in grado di curare e di prevenire l'infezione polmonare da mycobacterium tuberculosis.

Restrizione calorica controllata per curare e prevenire la tubercolosi

La tubercolosi (Tb) è una malattia infettiva causata dal Bacillo di Kock. Nonostante la presenza di terapie antibiotiche, questa malattia è ancora una delle dieci principali cause di morte nel mondo, con circa 10 milioni di persone che ogni anno si ammalano e 1,6 milioni di persone decedute. I Paesi in cui la tubercolosi è maggiormente presente sono soprattutto quelli del Sud Est Asiatico, del Pacifico Occidentale e dell’Africa. Ma anche in Italia si hanno annualmente circa 4.000 nuovi casi.

Secondo una recente ricerca condotta da un team di ricercatori dell’Università di Napoli Federico II, in collaborazione con il Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) e l’Istituto Superiore di Sanità (Iss), la restrizione calorica controllata, ovvero una riduzione controllata dell’apporto di calorie, sarebbe in grado sia di prevenire sia di fermare l’infezione polmonare da mycobacterium tuberculosis (Mtb o Bacillo di Koch).

I risultati della ricerca sono stati pubblicati dettagliatamente sulla rivista scientifica “Cell Metabolism”. Per giungere a questa importante conclusione i ricercatori hanno condotto una serie di test in laboratorio su un modello sperimentale di topo ad alta suscettibilità per la tubercolosi.

I ricercatori hanno osservato che, attraverso una riprogrammazione immunometabolica, cioè un cambio nei confronti del cibo che ci consente di perdere peso e riacquistare la salute, le cellule immunitarie hanno mostrato una maggiore capacità di uccidere il Mtb, riducendo così anche il danno infiammatorio del polmone. I risultati di questi studi suggeriscono la restrizione calorica controllata come nuova strategia nel trattamento della tubercolosi nei Paesi in cui essa è attualmente presente, soprattutto in associazione con sovrappeso e obesità.

Ma non finisce qui. Secondo gli esperti, gli esiti di questo studio potrebbero aprire anche la strada a nuovi approcci terapeutici per altre infezioni in cui il danno infiammatorio collaterale del polmone risulta importante ai fini di gravi complicazioni nei pazienti infetti, come nel caso dell’infezione da Coronavirus SARS-CoV-2.

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