Il reflusso gastroesogafeo è un problema diffuso e socialmente debilitante, che può potenzialmente sfociare nella ben più temuta “malattia da reflusso gastroesofageo“. Qual è la differenza? E’ presto detto: il reflusso consiste nella risalita del contenuto dello stomaco nell’esofago in assenza di vomito o rigurgito, senza però determinare alcun tipo di patologia specifica. La malattia da reflusso gastroesofageo è invece la condizione patologica vera e propria, ed è una diretta conseguenza del continuo reflusso.
A spiegarlo è stato il professor Guido Costamagna del Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma: “Si parla di malattia (MRGE) quando il reflusso causa sintomi (pirosi, rigurgito) o quando, con la gastroscopia, si evidenziano lesioni infiammatorie a carico dell’esofago (esofagite), o ulcere, o trasformazione metaplastica della mucosa (esofago di Barrett). Il trattamento della MRGE è solitamente medico; tuttavia, se i sintomi sono molto severi e scarsamente controllati dalla terapia medica, può essere indicato il ricorso alla chirurgia“.
Insomma, la MRGE non è affatto da sottovalutare, ma niente allarmismi: come spiegato dallo stesso Costamagna: “La malattia da reflusso gastroesofageo è molto comune, il 20% della popolazione riferisce di avere almeno un episodio di pirosi alla settimana”. E questi ultimi ora possono esultare: i ricercatori hanno infatti messo a punto un sistema chiamato MUSE (Medigus Ultrasonic Surgical Endostapler), attraverso il quale è possibile intervenire similmente a quanto accade con le tradizionali operazioni chirurgiche, ma sfruttando l’accesso dalla bocca. Quindi, senza necessità di effettuare alcun genere di incisione.
Il MUSE permette infatti di ricostruire la valvola esofagea attraverso un processo mininvasivo, ed è nato in virtù dell’esigenza di trasformare le procedure classificate come “open” in procedure endoluminali, che sfruttano unicamente gli orifizi naturali già presenti nel corpo umano. Il MUSE consiste in una cucitrice chirurgica che sfrutta onde ad ultrasuoni per determinare con esattezza la regione da trattare, così da ridurre al minimo i danni collaterali per il paziente.
Il dottor Costamagna, parlando di questo innovativo strumento, ha concluso affermando che: “Studi preliminari eseguiti con questa nuova tecnica, hanno dimostrato che a 3 anni la procedura rimane efficace nel migliorare la qualità della vita nei pazienti con MRGE moderata-grave. L’uso dei farmaci che normalmente vengono assunti dai pazienti con MRGE è stato eliminato o ridotto nel 73% dei soggetti sottoposti a questo trattamento”. Il reflusso gastroesofageo insomma, per molte persone attualmente alle prese con questo disturbo, può davvero avere le ore contate.