Quello al pancreas è il più subdolo ed aggressivo tra tutti i tumori

È il quinto tumore per mortalità in Italia, ma il più delle volte viene scoperto quando è ormai troppo tardi, non lasciando via di scampo. Subdolo e aggressivo, spaventa anche perché tuttora non esistono degli esami efficaci che lo possano diagnosticare.

Quello al pancreas è il più subdolo ed aggressivo tra tutti i tumori

L’incidenza del tumore al pancreas non è molto alta: nel nostro paese ogni anno sono 6mila i nuovi casi registrati. A fare però paura sono altri numeri. Questo tipo di tumore è molto difficile da diagnosticare in tempo, rendendolo di fatto il più letale tra tutte le neoplasie più diffuse e conosciute. Dati alla mano, solo il 25% dei pazienti rimane in vita dopo un anno dalla sua scoperta, percentuale che scende al 10% se si guarda ad un orizzonte temporale a cinque o più anni.

Il perché di questi dati è presto detta: il tumore al pancreas non è preceduto da particolari campanelli d’allarme. Il più delle volte viene scoperto quasi per caso o nel tentativo di far luce su altri fastidi del tutto generici come la riduzione dell’appetito, difficoltà nella digestione e dimagrimento.

Essendo gli stessi sintomi di decine di altre patologie a carico dell’apparato digerente, non è sempre semplice isolarne le cause, e quando l’origine viene localizzata nel pancreas, il più delle volte non c’è più molto da fare. La sua proliferazione avviene in maniera assai molto rapida, raggiungendo in primo luogo il fegato. In questi casi l’asportazione del tumore potrebbe non essere sufficiente, specie se la malattia si è già diffusa in altri organi del corpo.

Al momento di questo tumore si conosce veramente molto poco. Le dinamiche che lo provocano non sono chiare, ragion per cui diventa difficile trovare una cura efficace. Identificarlo precocemente è spesso impossibile, così come non esiste un vero e proprio protocollo diagnostico per lo screening che possa individuarlo ai primi stadi, quando sarebbe ancora possibile intervenire per salvare il paziente. Fumo, obesità e il diabete di tipo 2 rimangono comunque dei fattori di rischio che possono dare luogo alla malattia.

A fronte di queste premesse, non sarebbe però corretto ritenere che i ricercatori brancolino nel buio. Sull’editoriale pubblicato lo scorso agosto sulla rivista scientifica JAMA, si è scoperto che la maggior parte dei tumori al pancreas si sviluppa in seguito a una neoplasia intraepiteliale pancreatica (PanIN), una patologia che nelle fasi iniziali raggiunge dimensioni visibili solamente al microscopio; Tac o risonanza magnetica non sarebbero dunque in grado di identificarla.

Una possibile alternativa terapeutica di ultima generazione che fa ben sperare si chiama Olaparib. Questo farmaco si è dimostrato molto efficace, in quanto capace di dimezzare la crescita della massa tumorale nei pazienti affetti da cancro metastatico al pancreas, che presentano però una mutazione dei geni BRCA1 e BRCA2. Allo stesso tempo anche una ricerca italiana ha dimostrato che è possibile ridurre del 25% il rischio di metastasi, utilizzando un regime chemioterapico frutto della combinazione di nab-paclitaxel e gemcitabina.

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