Quale strategia adottare per convincere i no vax a cambiare idea riguardo al vaccino?

Là dove i politici non sono riusciti ad essere convincenti per una buona fetta di popolazione che di vaccino non vuole neanche sentir parlare, occorre mettere in campo una strategia alternativa tirando in ballo la psicologia

Quale strategia adottare per convincere i no vax a cambiare idea riguardo al vaccino?

Per raggiungere l’immunità di gregge e cominciare a intravedere l’uscita dal tunnel della pandemia da Coronavirus, sostengono gli esperti del Ministero della Sanità, occorrerebbe vaccinare almeno l’80% della popolazione vaccinabile (esclusi i bambini sotto la soglia dei 12 anni di età e gli immunodepressi).

Poiché ad oggi si viaggia intorno al 67-68% di vaccinati, gli italiani che, potendolo fare, mancano all’appello sono circa un terzo del totale e c’è da dubitare seriamente che quel 13% circa mancante per il raggiungimento della soglia minima prevista possa venire facilmente eroso.

Anche se non apertamente esplicitata, è convinzione ormai diffusa che, a questo punto, chi si voleva vaccinare l’abbia già fatto e che coloro che finora sono rimasti insensibili agli inviti e alle sollecitazioni non siano, nella stragrande maggioranza, dei semplici ritardatari ma rappresentino lo zoccolo duro dei no vax.

Il problema che si pone quindi ai responsabili della sanità ai massimi livelli è quello di individuare gli strumenti di propaganda e gli argomenti più adatti per convincere il maggior numero possibile di costoro a cambiare idea.

Questione di tutt’altro che facile soluzione perché, anche a voler prescindere dal ruolo non marginale che giocano quei gruppi eversivi che strumentalizzano la protesta, implica anzitutto la capacità di capire la struttura psicologica che sorregge il pensiero no vax e fior di esperti si stanno cimentando in proposito per proporre analisi e ricette.

La mentalità no vax è sostenuta dalla convinzione che sia in atto un complotto dietro al quale si muoverebbero lobby di potere dagli scopi inconfessabili ma chiaramente illiberali e che i dati resi pubblici dalle autorità preposte e relativi al contagio, ai ricoveri e ai decessi a causa del virus siano esageratamente gonfiati se non inventati di sana pianta.

Esistono, naturalmente, dati e argomentazioni abbondanti e inconfutabili che smentiscono l’idea complottista ma quanto più si tenta di argomentare, tanto più si viene scambiati per agenti dei complottisti.

Il fatto che non esistano argomenti razionali in grado di convincere un no vax della fallacità delle sue convinzioni e riescano a dissipare i suoi sospetti, testimonia l’esistenza, dicono gli studiosi, di una vera e propria psicosi paranoica che prescinde dall’intelligenza e dal livello di cultura, tant’è che anche personaggi di prestigio e intellettuali si trincerano dietro l’idea del complotto.

Ciò che però maggiormente impedisce alle buone ragioni della scienza di far breccia nel muro della diffidenza dei contrari al vaccino, è il fatto che queste sono state veicolate prevalentemente da una classe politica, e da esperti a questa legata, che si è più volte contraddetta, è stata reticente, ha accusato ritardi, ha peccato di omissioni. E quindi fondamentalmente ha perso di credibilità.

La nostra classe dirigente, sostiene il filosofo Luc Ferry già ministro della Gioventù e dell’Educazione francese, anziché salire pomposamente in cattedra e pretendere di impartire lezioni urbi ed orbi e bacchettare chi la pensa diversamente, dovrebbe affidarsi di più e cedere la parola a personalità della società civile, sportivi, artisti, personaggi dello spettacolo che ispirano fiducia e sono al di sopra di qualsiasi sospetto.

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