Non sono incoraggianti i dati sulle malattie allergiche in tempo di primavera: secondo le previsioni entro pochi anni il disturbo arriverà a colpire un bambino su 2. Attualmente il trend del 25% non è basso ma purtroppo è destinato ad aumentare. Questo è l’avvertimento lanciato dagli esperti della Società italiana di allergologia e immunologia clinica in occasione di due noti congressi conclusisi da poco a Roma. Gli specialisti del settore oltre ai dati sulle casistiche cliniche mettono in guardia da quello che sempre di più sta diventando un pericoloso nemico: l’abuso dei test, soprattutto quelli che riguardano la diagnosi di intolleranze alimentari, ma ancor di più, mettono in guardia dalle informazioni terapeutiche reperite online.
Secondo il primario della Clinica di malattie respiratorie dell’Università di Genova, Giorgio Walter Canonica, la percentuale degli italiani che ha la percezione delle intolleranze alimentari supera il 40%. Il problema è tuttavia un altro; il disturbo spesso non esiste, o meglio, non è così alta la percentuale di chi ne è colpito. “Uno dei temi fondamentali affrontati al congresso – spiega – è dare delle corrette linee guida di comportamento per le metodologie diagnostiche”. Il problema è la percezione di un disturbo che non sempre corrisponde ad una conferma scientificamente corretta.
In altre parole viene sconsigliata la diagnosi superflua, “non bisogna andare a fare troppi esami – ammonisce il primario – ma bisogna fare solo quelli giusti”. Quando si parla di allergie alimentari, troppo spesso i test diagnostici a cui si sottopongono i presunti pazienti non hanno validità scientifica. Ancor peggio sembra essere un’abitudine che va sempre più diffondendosi nella società moderna: la generazione di internet, in caso di sintomi sospetti, invece che il proprio medico consulta “Dottor Google”.
Chi non accede alla rete per inserire la propria presunta malattia, o ancor peggio i sintomi di cui si sente affetto? Si calcola che almeno una persona su 2 si appoggia a questo tipo di informazione fai da te, ma il dato allarmante è che nel 90% dei casi la notizia via web è scorretta, se non interamente in parte. Afferma Massimo Triggiani, docente di allergologia e immunologia clinica presso l’Università di Salerno: “se la diagnosi è errata, il paziente che si rifugia subito in farmaci può incorrere a danni significativi, oltre ovviamente a non curare nulla. Anche quando la diagnosi è corretta, c’è bisogno di attenzione per capire non soltanto il sintomo, ma per individuarne le cause”.
Ovviamente utilizzare il web per informarsi anche in campo terapeutico non è di per se un problema, a ciò deve però sempre seguire il giudizio di un medico. Il danno è dietro l’angolo quando internet diventa il sostituto del proprio dottore, e la cosa purtroppo non è affatto rara.