Pigmenti dei tatuaggi contaminati da germi, funghi e batteri

I Nas hanno scoperto, nel corso di un'indagine non ancora volta al termine, che ben il 18% dei pigmenti utilizzati per i tatuaggi risulta essere contaminato da funghi, batteri e germi.

Pigmenti dei tatuaggi contaminati da germi, funghi e batteri

Circa 100 milioni di Europei hanno almeno un tatuaggio e la “mania” di disegnare sulla pelle, secondo i sondaggi più recenti, è in crescita. Insieme a questo aumento si registra però anche una crescita delle allergie e delle infezioni.

La correlazione tra tatuaggi e infezioni sembra essere confermata da una recente indagine condotta a livello nazionale dai carabinieri del Nas, i quali hanno scoperto che circa il 18% dei pigmenti utilizzati per realizzare tatuaggi risulta contaminato da funghi, germi e batteri (su 169 pigmenti campione per ora ben 29 sono risultati contaminati). Questo può portare ad allergie ed infezioni, tra cui rossori, lesioni squamose, ulcere in profondità, e, in caso di gravi allergie si può addirittura correre il rischio di perdere la vita per choc anafilattico o di amputazione dell’arto.

Le indagini in questione sono state richieste dalla Direzione generale della Prevenzione con l’intento di accertare la sterilità e controllare i passaggi della sterilizzazione stessa.

Sulla base dei risultati allarmanti sopra riportati, il Ministero della Salute ha temporaneamente disposto il divieto di vendita e di uso dei pigmenti non regolari.

Carlo Gelmetti, direttore della Clinica dermatologica dell’Università degli Studi-Fondazione Irccs Policlinico di Milano, ha spiegato: “Il problema di infezioni e allergie causate dagli inchiostri è reale e legato alla natura sintetica dei nuovi pigmenti. Il 90% delle sostanze impiegate oggi è fabbricato in laboratorio con formule ignote, mentre i pigmenti utilizzati fino a 10-15 anni fa erano sostanze storiche (carbone, Sali di mercurio, Sali di cadmio), note e autosterilizzanti, che proprio per la loro composizione chimica erano in grado di restare sterili anche se il tatuatore lasciava aperto il cappuccio della confezione; se si verificava un’infezione, nella maggior parte dei casi, era per l’ambiente e le condizioni in cui venivano realizzati un tempo i tattoo”.

Guardando all’Italia, per fare un esempio, nel 2013 una ragazza milanese è morta per sepsi appena qualche giorno dopo un nuovo tatuaggio.

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