In Venezuela, dopo decenni di iniziative rivolte a promuovere il parto umanizzato in alternativa a quello medicalizzato, la settimana scorsa l’Assemblea Nazionale ha approvato, in prima discussione, il progetto di legge per la promozione e la protezione del diritto al parto umanizzato. “E’ dal 1970 che movimenti di attivisti si pronunciano a beneficio dell’umanizzazione di questo evento“, afferma Maira Bracho, autrice del libro “Il Parto e Nascita Umanizzata come diritto umano”.
Questo disegno di legge mira a proteggere tutte le persone coinvolte nell’atto della nascita, la madre in prima istanza, il bebè e anche il padre, e riconosce, peraltro, il diritto della madre di decidere come, dove e in che modo far venire al mondo la sua creatura, e di scegliere la persona che la accompagnerà e assisterà durante il travaglio.
Cos’è il parto umanizzato?
Il parto umanizzato concepisce la nascita come un processo naturale che deve avvenire in una situazione di intimità, in cui la mamma e il suo bambino siano i protagonisti di questo meraviglioso evento; le luci troppo forti, i rumori eccessivi, così come il taglio precoce del cordone subito dopo la nascita, disturbano la sensibilità del bambino, il cui unico bisogno è di ritrovare il contatto con la sua mamma.
Il dottor Michel Odent, uno dei massimi esperti mondiali in tema di fisiologia del parto e della medicina perinatale, afferma che nelle società industrializzate si ricorre ad una eccessiva medicalizzazione del processo del parto, con la conseguenza che la mamma e il bimbo finiscono per diventare dei semplici pazienti, spettatori passivi.
Con il parto umanizzato viene lasciata libertà alla partoriente di scegliere la posizione che considera a lei più adatta, le viene data assistenza da parte degli operatori solo in caso di necessità con discrezione e rispetto. Misure invasive quali l’induzione artificiale del parto, la somministrazione di ossitocina per accelerare il travaglio, l’anestesia epidurale, il monitoraggio ecocardiografico continuo, sicuramente utili in situazioni di pericolo e di reale necessità, andrebbero evitate perché perturbano il processo della nascita, non permettono alla partoriente di mettersi in ascolto del proprio corpo e di lavorare in sintonia col proprio bambino.
La situazione in Italia?
Un’indagine condotta dalla dottoressa Adriana Paolicchi e il dottor Alessandro Bardini dell’azienda ospedaliera Universitaria di Pisa dimostra che gli ospedali italiani sono “ancora lontani da una vera umanizzazione del parto e dalla liberta’ di scelta consapevole”, e conferma che l’Italia detiene il primato di parti chirurgici in Europa.