Nota dieta è stata associata a un rischio più elevato di sviluppare il diabete

Un team di ricercatori australiani ha rilevato una preoccupante associazione tra le diete a basso contenuto di carboidrati e un aumento del rischio di sviluppare il diabete di tipo 2.

Nota dieta è stata associata a un rischio più elevato di sviluppare il diabete

Potrebbe sembrare contraddittorio, ma uno studio recente ha dimostrato che le diete a basso contenuto di carboidrati, generalmente considerate salutari ed efficaci per la perdita di peso, potrebbero essere collegate a un rischio maggiore di sviluppare il diabete di tipo 2 nel lungo termine. Gli autori della ricerca spiegano che, sebbene una dieta povera di carboidrati sia raccomandata per il controllo della glicemia nelle persone già affette dalla malattia, lo scenario cambia quando si parla di prevenzione. Un approccio alimentare bilanciato, che non esclude nutrienti essenziali come i carboidrati, sembra essere la chiave per ridurre i rischi a lungo termine.

Per questo motivo, gli esperti consigliano di evitare il fai-da-te e le diete di moda, affidandosi invece a dietologi e nutrizionisti per adottare un regime equilibrato. Un esempio virtuoso è la dieta mediterranea, riconosciuta dall’UNESCO come patrimonio immateriale dell’umanità dal 2010, che include una varietà di alimenti con un focus su cereali integrali, frutta, verdura e un ridotto consumo di carne rossa e lavorata. La ricerca, condotta da un team di scienziati australiani della Facoltà di Scienze Cliniche dell’Università Monash, in collaborazione con diverse istituzioni prestigiose come l’Università RMIT e l’Università di Melbourne, ha analizzato i dati raccolti su oltre 41.000 partecipanti nell’ambito del Melbourne Collaborative Cohort Study (MCCS).

I partecipanti, di età compresa tra i 40 e i 69 anni, sono stati monitorati con questionari alimentari periodici tra il 1990 e il 2007. Gli scienziati hanno calcolato un “punteggio dietetico” basato sull’assunzione di energia da carboidrati, proteine e grassi, osservando una tendenza preoccupante: chi consumava meno carboidrati, riducendo così la percentuale di energia proveniente da essi, presentava un rischio significativamente più alto di sviluppare il diabete di tipo 2. Secondo i risultati dello studio, i partecipanti con una dieta a basso contenuto di carboidrati (LCD) avevano una probabilità superiore del 20% di sviluppare la malattia rispetto a coloro che seguivano una dieta con un’alta percentuale di carboidrati (circa il 55% dell’apporto energetico totale).

In particolare, coloro che assumevano solo il 38% della loro energia dai carboidrati, situandosi nel quinto quintile dei partecipanti, erano maggiormente a rischio. Questo è un dato sorprendente, considerando che il diabete di tipo 2 è strettamente legato a una disfunzione nel metabolismo degli zuccheri. Ma qual è la ragione dietro questa associazione? I ricercatori hanno ipotizzato che ridurre troppo i carboidrati nella dieta possa condurre a una diminuzione dell’apporto di fibre, indispensabili per mantenere sotto controllo i livelli di zucchero nel sangue. Inoltre, una dieta povera di carboidrati spesso comporta un aumento del consumo di proteine e grassi, fattori che possono contribuire all’aumento del peso corporeo e al peggioramento del rischio di diabete.

Infatti, le persone che seguivano questo tipo di regime dietetico tendevano ad avere un BMI (Indice di Massa Corporea) più elevato rispetto a chi aveva un apporto più equilibrato di carboidrati, grassi e proteine. Nonostante l’efficacia di queste diete nel breve periodo per il controllo del peso e della glicemia nelle persone già diabetiche, a lungo termine possono esporre a rischi che spesso vengono sottovalutati. Gli autori dello studio avvertono che non tutte le diete povere di carboidrati sono adatte per tutti e che è fondamentale fare una distinzione tra quelle utilizzate per gestire il diabete e quelle per la sua prevenzione. Parallelamente, altre ricerche mettono in discussione anche diete estremamente restrittive come la chetogenica, che elimina quasi completamente i carboidrati.

Uno studio condotto dall’Università di Bath ha collegato questo regime alimentare a un aumento del rischio di malattie cardiovascolari, sindrome dell’intestino irritabile e, paradossalmente, proprio del diabete di tipo 2. Il rischio, dunque, sembra risiedere in approcci estremi all’alimentazione, che possono portare più danni che benefici alla salute a lungo termine. Gli autori dello studio australiano hanno tuttavia precisato che la loro ricerca è di tipo osservazionale, il che significa che stabilisce solo un’associazione e non un rapporto di causa-effetto. Per confermare questi risultati, sarà necessario condurre ulteriori studi clinici controllati. Tuttavia, il messaggio è chiaro: un approccio alimentare equilibrato e diversificato, come quello promosso dalla dieta mediterranea, sembra essere la strategia migliore per prevenire malattie metaboliche come il diabete di tipo 2, riducendo al contempo il rischio di sviluppare altre condizioni croniche.

Continua a leggere su Fidelity News