Più di un miliardo di persone, oggi, non hanno accesso a fonti di acqua potabile. Il processo di ebollizione, in realtà, ucciderebbe la maggior parte dei germi nell’acqua, ma necessita di una gran quantità di carburante e, soprattutto, non rimuove lo sporco. Negli ultimi anni, sempre più spesso si stanno utilizzando la sabbia e i filtri ceramici per depurare l’acqua, ma sono anch’essi costosi e non molto efficaci.
Piuttosto che non bere, ovviamente, le popolazioni del terzo e quarto mondo bevono acqua sporca, con la conseguenza che circa 1 milione e mezzo di bambini muoiono ogni anno di dissenteria. Vi è già una nuova generazione di depuratori a basso costo, tra cui il Pureit (della Unilever) e Swach (dell’indiana Tata). Ma nessuna a così basso costo come Lifestraw, progettata appositamente per venire incontro alle (inesistenti) forze economiche di alcune zone del mondo.
LifeStraw, progettato dalla società svizzera Vestergaard Frandsen, la cui versione base funziona come una grossa cannuccia, e può filtrare fino a 1.000 litri, sufficienti per il fabbisogno di un essere umano per un anno. La ‘versione-famiglia’, invece, può purificare fino a 18.000 litri d’acqua, che può dissetare una famiglia per 3 anni. Fino ad ora, questo strumento è stato fornito in zone colpite da gravi calamità naturali (Haiti), o in Paesi cronicamente poveri (Mozambico e Myanmar).
Sono quasi un milione i LifeStraw distribuiti in Kenya solo quest’anno, e da qualche mese, i LifeStraw sono entrati come prodotto di consumo nel mercato americano, riscuotendo sin da subito un grande successo. Intanto, l’azienda svizzera ha annunciato di star lavorando su un filtro su grande scala, studiato apposta per dissetare i paesi del terzo mondo. A quanto afferma l’azienda, il progetto si sta concentrando su un filtro che eroga acqua pulita, fortificata con zinco: che sia un grosso passo decisivo per la lotta alla sete nel mondo?