La sindrome di Treacher-Collins diventa protagonista nel film Wonder

La sindrome di Treacher-Collins si fa conoscere grazie all’arrivo di Wonder nelle sale cinematografiche e attraverso la storia del giovane Auggie, protagonista del film.

La sindrome di Treacher-Collins diventa protagonista nel film Wonder

La Sindrome di Treacher Collins (o sindrome di Franceschetti-Zwahlen-Klein) arriva al cinema grazie al film Wonder, uscito il 21 dicembre nelle sale italiane. Il film in questione vede come protagonista Auggie, un ragazzino nato proprio con questa patologia poco comune. Si tratta di una patologia rara autosomica dominante causata dalla mutazione del gene TCOF1 o dei geni POLR1C e POLR1D.

Essa si manifesta con dismorismi facciali, che colpiscono principalmente le ossa degli zigomi, delle orbite degli occhi e della mandibola, e con difficoltà respiratorie, difficoltà uditive e difficoltà nel mangiare. Le capacità intellettive, nella maggior parte dei casi, sono normali. La patologia colpisce circa una persona su 50.000; non c’è una prevalenza in un sesso e non ci sono zone geografiche più colpite da questa sindrome.

Tuttavia un fattore di rischio sembrerebbe essere l’età avanzata del padre: all’aumentare dell’età paterna, aumentano anche le probabilità che la sindrome si presenti. La sindrome in questione non è curabile (la chirurgia e la plastica maxillofacciale possono solo aiutare a rimodellare il volto).

La Sindrome di Treacher Collins può essere però diagnosticata con un’ecografia prenatale. Il film Wonder, tratto dal libro di R.J. Palacio, si pone l’obiettivo di far conoscere questa patologia a molti ancora sconosciuta e soprattutto di far riflettere sulla diversità.

L’autrice, in un’intervista a “The Telegraph”, racconta come è nata l’idea di Wonder: “Un giorno ero seduta su una panchina con i miei due figli e ho visto passare una bambina che aveva la sindrome di Treacher-Collins (…) Sono stata presa dal panico, temevo che mio figlio di tre anni vedendola avrebbe reagito urlando (…) Mi sono alzata di scatto e mi sono allontanata di corsa. Alle mie spalle ho sentito la madre della ragazzina che, con voce calma, diceva: ‘Forse è ora di tornare a casa’. Mi sono sentita un verme e non sono riuscita a dimenticare questa esperienza”.

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