Molte persone che soffrono di diabete hanno un legame collegato a doppio filo con la parodontite, una malattia che colpisce le gengive e l’apparato dentario; questo era abbastanza risaputo già da tempo, e chi combatte specialmente contro il diabete di tipo 2 sa che ha la concreta possibilità di soffrire di questa patologia dentaria.
L’Università di Barcellona, però, è andata oltre, con uno studio condotto con successo e pubblicato sulla rivista Journal of Clinical Periodontology: questa ricerca mette in luce la relazione ancora più stringente che c’è fra questa malattia dentaria e quella al pancreas che, seppur lontani e con diverse funzioni nel corpo, hanno un legame strettisimo e le condizioni dell’una dipendono dall’altra; la ricerca degli scienziati catalani dimostra che l’una può migliorare le condizioni dell’altra.
Innanzitutto, lo studio è stato condotto senza curare la parodontite con trattamenti chirurgici e dentistici, ma solo con metodi farmacologici. La ricerca ha preso in esame 90 pazienti che soffrono di entrambe le patologie e per sei mesi hanno usufruito di cure e trattamenti contro la parodontite. Nello stesso periodo tali persone sono state anche sottoposte a monitoraggio continuo del controllo dell’emoglobina glicata.
I test hanno tenuto conto anche di altri fattori importanti, come la presenza di infezioni batteriologiche che causano la parodontite e di tanti altri parametri che influiscono sia sul diabete di tipo due che sullo stato di salute in generale dei pazienti. In pratica, la cura della parodontite migliora il livello di glicemia del paziente diabetico.
Le conclusioni della ricerca hanno sorpreso gli stessi scienziati e gli obiettivi che si erano prefissi i ricercatori sono stati raggiunti in pieno. Così commenta uno dei principali fautori dello studio, José Lòpez Lòpez: “La conclusione principale è che il trattamento non chirurgico della parodontite migliora lo stato glicemico e i livelli di emoglobina glicata, e quindi lo studio dimostra la grande importanza della salute orale in questi pazienti”.