La nostra mente continua a funzionare anche dopo la morte

Un controverso studio realizzato dall’Università di Southampton, arriva a concludere che il corpo muore prima della mente. La coscienza permarrebbe anche nei minuti successivi a quelli in cui il corpo non mostrerebbe più alcun segno di vita.

La nostra mente continua a funzionare anche dopo la morte

Con la morte del corpo, la nostra mente continua a funzionare anche per diversi minuti. Fino ad oggi si era soliti pensare che la morte volesse inequivocabilmente significare una sola cosa: la fine di tutto. Eppure non è proprio così. A quanto pare la mente potrebbe sopravvivere fino a tre minuti dall’avvenuto decesso del corpo.
A differenza dei computer, gli esseri umani non avrebbero un interruttore generale che spegnerebbe immediatamente tutte le funzioni vitali. A sostenerlo è una controversa ricerca svolta dall’Università di Southampton.

I ricercatori inglesi sono arrivati a tale conclusione tenendo conto delle vicende che hanno coinvolto 2.000 persone, tutte accumunate dalla stessa fortuna: essersi ripresi dopo aver subito un arresto cardiaco. Il campione in esame comprendeva al suo interno i pazienti ricoverati in 15 ospedali situati in Austria, Stati Uniti e Gran Bretagna; il 40% di costoro ha confermato di ricordare perfettamente gli istanti in cui erano stati dichiarati clinicamente morti.

Sam Parnia, il ricercatore che ha guidato lo studio, ha rammentato che “il cervello non può funzionare quando il cuore smette di battere”. Eppure nei casi esaminati la “finestra di consapevolezza” si è allungata fino ai tre minuti successivi.

Questo significherebbe che quando si muore, il cervello ne sarebbe immediatamente consapevole, assistendo impassibilmente al decesso del proprio corpo. Teoricamente si potrebbe anche udire l’annuncio della propria morte da parte dei medici. E non si tratterebbe solo di suggestione. Alcuni pazienti hanno descritto nei minimi particolari quanto accaduto intorno a loro durante le esperienze di premorte vissute.

Come era logico immaginare, la ricerca non poteva che dividere la comunità scientifica e di conseguenza anche l’opinione pubblica. I più scettici mettono in dubbio le conclusioni di questo studio, per il quale si rende opportuno approfondire il tema. Lo stesso dott. Parnia ha concluso che “stiamo cercando di comprendere le caratteristiche esatte che le persone sperimentano quando passano attraverso la morte, perché capiamo che questo rispecchia l’esperienza universale che tutti avremo quando moriremo”.

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