La ricerca riaccende altre speranze per i non vedenti, la fase di sperimentaszione volge al termine ed in un futuro non troppo lontano per questi sarà possibile riacquisire la vista almeno dei contorni. Infatti le speranze che la vista artificiale possa riguardare anche la sfera oltre i contorni e le ombre degli oggetti e delle persone è sempre più concreta.
Il merito è di un innovativo sistema elettronico impiantato nell’occhio dei non vedenti che darà loro almeno la piena libertà di movimento, ciò vuol dire ad esempio che sarà reso possibile fare piccole cose quotidiane fino ad oggi inimmaginabili come ad esempio di farsi il bagno, o imparare a nuotare in autonomia. La differenza rispetto agli sviluppi tecnologici attuali sta nell’utilizzo di uno speciale tipo di occhiali. La nuova frontiera è stata valicata dall’Università americana di Stanford che si èm avvalsa della collaborazione del colosso Google, insieme hanno creato un microchip che viene impiantato nella retina del paziente ma, rispetto al passato, con la novità assoluta della capacità di funzionare autonomamente, ossia non ha necessità di cavi di connessione con l’esterno.
La notizia di questo nuovo dispositivo è stata data in italia da Andrea Cusumano, dell’Università Tor Vergata e presidente della Macula & Genoma Foundation Onlus, anticipando cosi un pò i contenuti dell’incontro programmato il 21 settembre a Roma e intitolato “Si puo’ vincere la cecità”. La notizia non è di quelle campate in aria, il sistema in questione infatti, come ha dichiarato il Professor Cusumano, è in fase avanzata di sperimentazione. Si attende ora l’approvazione dell’Fda per dare il via ai test sugli esseri umani.
La svolta in questo tipo di ricerca è stata data dall’ateneo americano che ha trovato la soluzione al principale problema: alimentare elettonicamente il dispositivo impiantato per un periodo lungo di tempo. Ha spiegato Cusunmano: “il microchip è dotato di un ‘arco voltaico’ che consente la sua ricarica grazie all’interscambi continuo di dati con gli occhiali”. In pratica sono gli occhiali ad incorporare le funzioni di telecamera, le immagini acquisite sono poi trasmesse al microchip che è a sua volta collegato al nervo ottico.
Questa la svolta aggiunge il docente: “i problemi degli impianti retinici attuali, più invasivi perchè necessitano di una connessione dei microchip con un cavo a un dispositivo che si devono portare con sè negli spostamenti”. Tra pochi anni si vedranno probabilmente le prime applicazioni.