I malesseri ed i fastidi che vengono solitamente trattati grazie all’ibuprofene sono davvero moltissimi. Mal di testa, dolore ai denti ed alle articolazioni sono solo alcuni esempi in cui l’azione antinfiammatoria ed analgesica di questo composto chimico può rivelarsi estremamente preziosa.
Ma recentemente un gruppo di ricerca internazionale guidato dall’Istituto nazionale per la salute e la ricerca Medica (Inserm) francese di Rennes ha portato alla luce lati meno conosciuti di questo farmaco ed ha associato il suo uso con possibili effetti deleteri per la salute riproduttiva maschile. Secondo lo studio, infatti, dopo diversi giorni di assunzione di ibuprofene si verifica una importante diminuzione della produzione degli ormoni sessuali maschili, che contribuisce ad una condizione di salute chiamata ipogonadismo.
Lo studio
L’ibuprofene è comunemente utilizzato a fini antidolorifici e antinfiammatori ed il suo uso è in costante crescita, specialmente in alcune categorie di persone come gli atleti, in virtù della sua azione contro i dolori muscolari e articolari.
Proprio per questo motivo, i ricercatori transalpini hanno voluto studiare gli effetti di un uso prolungato di questo farmaco. Così, hanno preso in considerazione un campione di ben 31 uomini, di età compresa fra i 18 e i 35 anni, i quali sono stati coinvolti in diversi test e analisi cliniche.
I risultati
In base ai risultati ottenuti dal gruppo di ricerca, dopo due sole settimane di assunzione del farmaco, l’equilibrio ormonale maschile presentava alcune variazioni solamente nel gruppo che aveva assunto il farmaco e non nel gruppo di controllo. In particolare, l’uso protratto di ibuprofene aveva agito su alcuni elementi della funzionalità dei testicoli, ad esempio aveva diminuito sensibilmente la produzione di testosterone.
“È noto ormai – ha chiarito Andrea Lenzi professore ordinario di Endocrinologia alla Sapienza Università di Roma – che esiste un calo della fertilità maschile e che molti farmaci possono interferire con il potenziale riproduttivo maschile”.
Ma la questione non riguarda tanto l’uso di queste sostanze, quanto piuttosto il suo “abuso”, ha voluto chiarire il professore.