Italia pioniera nella cura della depressione: via libera ai funghi psichedelici per uso terapeutico

Con il via libera dell’Aifa parte la prima sperimentazione clinica sulla psilocibina, la sostanza dei funghi allucinogeni: un possibile alleato contro la depressione, studiato sotto stretto controllo medico per valutarne gli effetti benefici sulla mente.

Italia pioniera nella cura della depressione: via libera ai funghi psichedelici per uso terapeutico

La scienza italiana apre un nuovo capitolo nel trattamento dei disturbi dell’umore: l’Aifa ha autorizzato la prima sperimentazione clinica nazionale sull’uso della psilocibina, una sostanza psichedelica contenuta in alcuni funghi allucinogeni, per curare la depressione resistente ai trattamenti convenzionali.

Il progetto, sostenuto dall’Istituto Superiore di Sanità e finanziato attraverso i fondi del PNRR, coinvolgerà per i prossimi 24 mesi 68 pazienti seguiti dalla Clinica Psichiatrica dell’ospedale di Chieti. La psilocibina, chimicamente classificata come una triptamina psichedelica, è presente in circa 200 specie di funghi, noti come “magic mushrooms”. Una volta ingerita, viene metabolizzata in psilocina, la molecola che esercita i veri e propri effetti sul sistema nervoso centrale.

Il suo principale meccanismo d’azione è il legame ai recettori della serotonina (5-HT2A), neurotrasmettitore implicato nella regolazione dell’umore, della percezione e della coscienza. Ciò che differenzia la psilocibina da altre molecole impiegate in psichiatria è la sua capacità, documentata da numerosi studi internazionali, di indurre profondi cambiamenti nello stato di coscienza e nella struttura del pensiero in modo rapido e, in alcuni casi, duraturo.

Alcuni pazienti riferiscono un’esperienza di “reset mentale” dopo il trattamento, simile a un’interruzione di schemi depressivi radicati. Il disturbo depressivo resistente rappresenta una sfida cruciale per la psichiatria moderna. Si tratta di una condizione in cui i pazienti non rispondono adeguatamente ad almeno due trattamenti farmacologici tradizionali. Questo sottogruppo, spesso dimenticato, vive una quotidianità segnata da apatia, isolamento, e senso di impotenza, con ricadute significative sulla qualità della vita.

Le evidenze raccolte finora, specialmente da centri di ricerca in USA, Regno Unito e Australia, mostrano che anche poche somministrazioni di psilocibina possono produrre benefici tangibili per settimane o mesi. In alcuni casi, i miglioramenti sono paragonabili a quelli ottenuti dopo anni di terapie convenzionali.

Lo studio italiano sarà condotto in ambiente ospedaliero sotto stretta supervisione medica, per garantire la sicurezza dei pazienti e monitorare attentamente ogni effetto collaterale. Una novità interessante del progetto riguarda anche la possibilità di testare una forma modificata della psilocibina, priva di effetti allucinogeni, ma potenzialmente efficace sul piano terapeutico. Un modo per sfruttare i benefici della molecola evitando gli elementi psichedelici più destabilizzanti per alcuni pazienti.

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