Da tempo è noto alla medicina e alla scienza che durante un infarto si verifica nella persona interessata una consistente perdita di cellule del muscolo cardiaco, chiamate cardiomiociti; ma il cuore dei mammiferi (uomo compreso) non è in grado di auto-ripararsi e auto-rigenerarsi da solo e perfettamente subito dopo l’evento. Dunque capita di frequente che alcuni individui sopravvivano ad un infarto ma, nonostante ciò, i danni che il cuore presenta e si trascina dietro sono importanti e persistenti.
Uno studio, svolto di recente dai ricercatori dell’Università di Stanford (negli Stati Uniti) guidati dalla dottoressa Pilar Ruiz-Lozano e pubblicato sulla famosa rivista “Nature”, ha portato all’individuazione di una proteina, la follistatina-like 1 (FSTL 1), capace di riparare il cuore e rigenerare i tessuti spontaneamente dopo un attacco cardiaco, stimolando la formazione di nuove cellule. Attraverso questa particolare proteina, che troviamo normalmente sull’epicardio degli individui sani (la membrana che circonda la parete del cuore), è dunque possibile allontanare recidive e favorire la remissione totale della sintomatologia associata all’infarto. Pilar Ruiz-Lozano ha spiegato: “I trattamenti non si curano di questo problema fondamentale di conseguenza progressivamente molti pazienti perdono la funzione del cuore, sviluppando prima disabilità sempre più gravi, fino alla morte”.
Per arrivare a questa scoperta gli esperti hanno eseguito una serie di test sugli animali, topi e maiali in particolare. Si è notato che inserendo questa proteina negli animali infartuati tramite un cerotto bio-ingegnerizzato, che imita il tessuto dell’epicardio e funziona come una sorta di “riserva” di proteina FSTL1, si verificava una crescita delle cellule del muscolo e, di conseguenza, un miglioramento delle funzioni cardiache (ad esempio, il flusso di sangue, diminuito in seguito agli infarti, era rientrato nella norma).
Sebbene la ricerca in questione sia ancora agli inizi e necessiti di altre sperimentazioni (anche sull’essere umano) essa dà comunque la speranza di potersi, in un futuro non troppo lontano, riprendere completamente da un infarto.