In Lombardia hanno imperversato due ceppi di Sars-CoV-2

A scoprirlo è stata una ricerca portata a termine dall’ospedale Niguarda di Milano e dal Policlinico San Matteo di Pavia. La contemporanea presenza di due ceppi, di fatto ha causato una “tempesta virale” di difficile contenimento.

In Lombardia hanno imperversato due ceppi di Sars-CoV-2

Se a livello planetario l’epidemia da Covid-19 continua a non mollare la presa, sono ancora in molti a domandarsi perché nella realtà italiana, la Lombardia è stata e continua ad essere la regione più colpita. Nonostante gli sforzi dei ricercatori, sul punto non è mai stata fornita una risposta unica e condivisa, tanto da risultare un tema controverso che continua a far discutere e dividere il mondo medico-scientifico. 

A cercare di fornire una soluzione al rebus è stata una recente ricerca scientifica alla quale hanno partecipato alcuni ricercatori dell’ospedale Niguarda di Milano e del Policlinico San Matteo di Pavia. Lo studio promosso dalla Fondazione Cariplo, è arrivato alla conclusione che la Lombardia sarebbe stata bersagliata da due ceppi distinti di Sars-CoV-2

Come spiegato da Fausto Baldanti, responsabile del Laboratorio di virologia molecolare del San Matteo e professore dell’università di Pavia, in Lombardia si sarebbe consumata una doppia epidemia. Grazie all’analisi comparativa dei genomi virali basata sui tamponi raccolti dal 22 febbraio al 4 aprile 2020, è stato scoperto che “quando è stato riscontrato il primo caso a Codogno, in una forma leggermente diversa, lo stesso era già presente nella zona nord includente Alzano e Nembro“.

In altre parole, oltre a poter dimostrare che il virus fosse qui già presente nella seconda metà del mese di gennaio, è stato possibile identificare due maggiori catene di trasmissione virale che i ricercatori hanno distinto utilizzando le lettere A e B; la prima catena si è sviluppata dal 24 gennaio a nord, colpendo in maggior misura la zona di Bergamo, mentre la seconda si è diffusa a partire dal 27 gennaio nell’area a sud della regione, accanendosi in misura maggiore tra Lodi e Cremona.

Come concluso dagli autori dello studio, “non è possibile escludere che tale circolazione silente, multipla e simultanea di ceppi diversi, possa aver esacerbato la già elevatissima trasmissibilità del virus e aver creato così una vera tempesta virale in una regione così densamente popolata, come la Lombardia, rendendo difficili gli interventi di contenimento della diffusione stessa”.

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