Il “Mit Technology Review” ha riferito che uno degli antidepressivi più prescritti al mondo, il Prozac, potrebbe avere un effetto positivo anche sulla sindrome di Down.
Questa tesi è sostenuta da un primo studio effettuato nel 2014 da un gruppo di ricercatori italiani su topi di laboratorio.
Renata Bartesaghi, docente del Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie dell’Università di Bologna, ha spiegato: “I due difetti principali nella sindrome di Down sono un deficit nella produzione di neuroni e il fatto che i neuroni si sviluppano in maniera sbagliata. Sapevamo poi che nel cervello con sindrome di Down c’è un difetto nel neurotrasmettitore serotonina, che è importantissimo per la maturazione cerebrale e la neurogenesi. Abbiamo quindi pensato che la fluoxetina, che inibisce la ricaptazione della serotonina mantenendola nel cervello, potesse dare benefici”.
Somministrando la fluoxetina, ovvero il principio attivo del Prozac, ai topi si è osservato un notevole aumento dei neuroni ed un netto miglioramento delle capacità cognitive.
I ricercatori dovranno però dimostrare se tale effetto positivo sia o no riscontrabile anche negli uomini. A tal proposito a fine gennaio prenderà il via uno studio presso l’University of Texas Southwestern Medical Center in Dallas, il quale prevede il seguente iter operativo: verranno prese 21 donne incinte al cui nascituro è stata diagnosticata la sindrome di Down e a 14 di queste verrà somministrato durante i mesi di gravidanza il Prozac, alle altre solo del placebo; i bimbi, una volta nati, continueranno a prendere il farmaco fino ai 2 anni di età per poter dire se il Prozac sia in grado di migliorare lo sviluppo cerebrale di chi soffre di questa sindrome.
Quasi in contemporanea anche a Napoli verrà effettuato un test analogo, che prevede però la somministrazione del Prozac a bambini tra i 5 e i 10 anni di età . Quest’ultimo test, rispetto a quello americano, suscita maggiori critiche perché prevede che le dosi utilizzate siano molto più alte.