Il 2 Ottobre 2017, il Karolinska Institutet di Stoccolma ha annunciato i vincitori di quest’anno del Nobel per la fisiologia e la medicina, tra i ben 361 scienziati che erano stati selezionati per scoperte e meriti scientifici: il prestigioso riconoscimento è andato a 3 studiosi, Jeffrey C. Hall, Michael Rosbash e Michael W. Young, che hanno fatto luce sui fattori che influiscono sull’orologio biologico del corpo umano, noto come ciclo circadiano.
Ad aver intuito l’esistenza di un orologio biologico interno fu, per la prima volta, nel XVIII secolo, l’astronomo francese Jean Jacques d’Ortous, che aveva notato come la mimosa tendesse ad aprirsi di giorno, alla luce del sole, per richiudersi sul far della sera. Nel corso di un esperimento, lo studioso pose tale fiore in una stanza del tutto buia e priva di luce, constatando che la mimosa tendeva – comunque – ad aprirsi per un certo periodo di tempo, e a chiudersi progressivamente per altrettanto: quasi che, al suo interno, avesse una sorta di “clessidra”.
Tale clessidra, chiamata poi ciclo circadiano dal latino “circa dies” (intorno al giorno, a intenderne la durata di 24 ore), era una semplice intuizione e non aveva ancora basi biologiche: queste ultime arrivarono negli anni ’70 quando due scienziati del CIF (California Institute of Technology), Seymour Benzer e Ronald Konopka, eseguirono degli esperimenti sulle drosophilae, i moscerini della frutta, appurano che la mutazione di un determinato loro gene (chiamato “period”), bloccava il loro orologio biologico.
A partire dagli anni ’80, seppur in laboratori differenti (Boston per Hall e Rosbash, New York per Young), i tre futuri premi Nobel per la medicina scoprirono che una proteina, chiamata PER, aveva una diversa concentrazione durante il giorno, ovvero si accumulava durante la notte e si rilasciava progressivamente nel corso della giornata, cagionando la sincronia tra l’orologio interno dell’essere umano e l’alternarsi esterno del giorno e della notte, con la conseguente abitudine delle persone a star sveglie durante il giorno, ed a dormire durante la notte.
Un comportamento, quest’ultimo, influenzato – come si è appurato – anche dalla concentrazione di un ormone, la melatonina, la cui produzione è connessa alla luce (diminuendo quest’ultima, l’ormone aumenta, e favorire il sonno), e dagli stili di vita che, causando oggi giorno uno sfasamento tra l’orologio biologico interno e quello esterno, possono – a lungo andare – comportare diversi problemi per la salute.