In base ad un recente studio americano, il nostro organo della cognizione ha il potere di influenzare la percezione che abbiamo del dolore e, di conseguenza, di alterarne i relativi segnali elettrici che ne derivano. L’amigdala è la struttura cerebrale responsabile di tutto questo. Questa piccola zona del cervello permette di definire la nostra reazione allo stress o all’ansia e permette anche di focalizzare l’attenzione su specifiche attività che compiamo tutti i giorni, anche quelle involontarie per noi.
Quando le condizioni che portano stress o ansia sono particolarmente intense, l’amigdala aumenta la nostra percezione del dolore e viceversa. Inoltre, nel momento in cui la nostra attenzione è pienamente focalizzata su un determinato compito, la percezione del dolore diminuisce ed i segnali elettrici inviati dal cervello al resto del corpo diminuiscono notevolmente.
Si può dunque dire che la sensazione del dolore risente dell’ambiente che ci circonda e delle condizioni in cui viviamo giornalmente. Tuttavia, il dolore non deve essere frainteso. Infatti questo è un segnale inviato dal nostro corpo come protezione per evitare il nostro eccessivo deterioramento o, in alcuni casi, addirittura la morte dell’organismo vivente. In questo modo, ad esempio, è possibile comprendere la gravità di una propria ferita e prendere le dovute misure al riguardo, tutelando così la propria incolumità fisica.
Questo studio che è stato portato avanti punta a migliorare la comprensione di come il nostro cervello percepisce o genera il dolore, al fine di mettere a punto trattamenti più efficaci e controllare meglio la sensazione di sofferenza del corpo umano.
Studi del genere permetteranno nel medio-lungo periodo di ottenere informazioni ed eventuali nuove cure sperimentali, riguardo a malattie degenerative del sistema nervoso centrale come Parkinson o Alzheimer, definite da alcuni come il nuovo male del ventunesimo secolo per quanto riguarda gli over 60, malattie sempre più diffuse e pericolose per l’essere umano in generale.