Stanchezza cronica, mancanza di respiro, dolore toracico, muscolare o articolare, problemi di memoria a breve termine o concentrazione, mal di testa e ansia: più di un mese dopo aver contratto il Covid-19, alcune persone continuano a manifestare una varietà di sintomi persistenti, a volte invalidanti. E’ stata forgiata una nuova terminologia per indicare questa sindrome post virale: “Long covid”, ma un recente studio epidemiologico mette in dubbio che tutti questi sintomi siano davvero causati dall’infezione da SARS-CoV-2.
Il long Covid è principalmente psicologico?
Lo studio pubblicato lunedì 8 novembre sul Journal of the American Medical Association (JAMA), una delle principali riviste mediche al mondo, afferma che questi sintomi “potrebbero essere associati alla convinzione di essere stati infettati” dal virus più che al vero contagio. In altre parole, il Covid persistente sarebbe un problema psicologico, non una conseguenza fisica dell’infezione, si legge sul quotidiano LeMonde. Lo studio coordinato da Cédric Lemogne, capo del servizio psichiatrico dell’ospedale Hôtel-Dieu di Parigi, si è concentrato su quasi 27.000 persone curate per mesi dalla sanità pubblica francese per studiare i molteplici effetti del Covid.
La ricerca condotta dal più grande team di epidemiologi francesi, chiamato Constances, che riunisce 200.000 volontari francesi di età compresa tra 18 e 69 anni, ha concluso che la maggior parte dei sintomi legati al long Covid sono maggiormente legati al fatto di credere di essere un ex paziente che a quello di essere stati contagiati, anche se queste due situazioni nella maggior parte dei casi si sovrappongono.
Dei circa 1.000 risultati positivi, solo 450 credevano di aver contratto il virus. Ma circa 460 persone con esito negativo al test sierologico, credevano di aver superato il Covid. E confrontando le risposte di tutti questi gruppi, lo studio rileva che le persone che credevano di aver sofferto della malattia, indipendentemente dal risultato del test, avevano maggiori probabilità di riportare sintomi di lunga durata. “Una valutazione medica di questi pazienti potrebbe essere necessaria per garantire che i sintomi di un’altra malattia non vengano erroneamente attribuiti al long Covid“, osservano gli autori.
Pazienti arrabbiati, scienziati scettici
Le associazioni di pazienti con questa malattia hanno accusato i ricercatori di negare la realtà del loro problema dandone una spiegazione esclusivamente psicologica. Il rapporto dà adito a interpretazioni “stigmatizzanti, pericolose e dannose” per i malati, ha affermato l’associazione francese AprèsJ20. Cédric Lemogne ha spiegato a Franceinfo che i disturbi riportati dai pazienti non sono considerati immaginari o necessariamente psicosomatici, e che la loro “analisi si limita a suggerire che la presenza di sintomi prolungati non sia specificamente associata all’essere stati infettati dal nuovo coronavirus. Poiché questi pazienti li sperimentano, questi sintomi esistono per definizione“, ha concluso.
Critiche provenienti anche dal campo scientifico, con numerosi ricercatori scettici sulla metodologia utilizzata: “Un test sierologico non è affidabile come marker di una precedente infezione“, giudica il virologo britannico Jeremy Rossman, citato dallo Science Media Center. È più probabile che un test sierologico non rilevi una vera infezione piuttosto che trovarne una per errore, il che distorce i risultati. Molti medici temono una strumentalizzazione dei risultati pubblicati nell’articolo di Jama, “per affermare che il long Covid non è assolutamente un problema“, sostiene il medico americano F. Perry Wilson, professore alla Yale University.