Il gatto potrebbe raddoppiare il rischio di schizofrenia, il cane abbassa il rischio di demenza

Nonostante varie ricerche abbiano suggerito un'associazione, la connessione diretta non è stata pienamente dimostrata. Mentre alcuni studi collegano la presenza di gatti a un aumento del rischio di schizofrenia, altri non confermano questa relazione.

Il gatto potrebbe raddoppiare il rischio di schizofrenia, il cane abbassa il rischio di demenza

I gatti hanno da sempre occupato un posto privilegiato nelle case di milioni di individui in tutto il mondo. Tuttavia, di recente, una ricerca condotta dal Queensland Center for Mental Health Research (Australia) ha sollevato una questione intrigante: esiste un collegamento tra la convivenza con questi affascinanti felini domestici e il rischio di sviluppare disturbi legati alla schizofrenia. I numeri parlano chiaro: circa 600 milioni di persone ospitano un gatto nella propria dimora, con oltre 100 milioni in Europa, 90 milioni negli Stati Uniti e 8 milioni in Italia.

La discussione si è accesa in seguito a uno studio del 1995 che aveva suggerito un possibile legame tra la convivenza con i gatti e l’esposizione al Toxoplasma gondii, un parassita che, sebbene solitamente innocuo, è stato associato a disturbi psicotici. Tuttavia, le ricerche successive hanno prodotto risultati contrastanti. Mentre alcuni studi collegavano la presenza di gatti a punteggi più alti nei test per la schizofrenia e esperienze psicotiche, altri non hanno confermato tale associazione. Una recente analisi condotta da John McGrath e il suo team ha esaminato 17 studi pubblicati in 11 paesi diversi, confermando un legame tra la presenza di gatti e un aumento del rischio di disturbi legati alla schizofrenia.

Secondo lo studio, coloro esposti ai gatti avevano il doppio delle probabilità di sviluppare questa patologia, anche se non è stato possibile dimostrare un rapporto diretto causa-effetto. Il Toxoplasma gondii, trasmesso principalmente attraverso carne o pesce poco cotti, acqua contaminata o anche morsi o feci di gatti infetti, è un parassita noto per la sua influenza sul sistema nervoso centrale. Una volta nel corpo umano, può influenzare i neurotrasmettitori e, di conseguenza, è stato associato a cambiamenti nella personalità e a disturbi neurologici, inclusa la schizofrenia.

Tuttavia, la connessione diretta tra la presenza del parassita e lo sviluppo di tali disturbi non è stata pienamente dimostrata. Inoltre, la ricerca ha evidenziato discrepanze riguardo al periodo critico di esposizione ai gatti e all’effetto sullo sviluppo della schizofrenia. Alcuni studi non hanno trovato un legame significativo tra il possesso di un gatto in tenera età e lo sviluppo futuro della schizofrenia, ma hanno notato un’associazione significativa se la convivenza con un gatto è avvenuta in un periodo specifico. Altro punto di discussione è l’effetto dei morsi di gatto su particolari disturbi psicologici.

Mentre alcuni studiosi suggeriscono una correlazione tra questi morsi e punteggi più alti nei test per valutare la gravità dei disturbi, altri ipotizzano che altri agenti patogeni come la Pasteurella multocida potrebbero essere coinvolti. Nonostante i risultati intriganti, gli esperti concordano sulla necessità di ulteriori studi di alta qualità per comprendere appieno il potenziale impatto dei gatti sui disturbi mentali. In questo contesto, una ricerca condotta dall’Istituto metropolitano di geriatria e gerontologia di Tokyo ha portato alla luce un altro punto interessante: la presenza di un cane potrebbe ridurre del 40% il rischio di demenza senile in età avanzata, grazie all’attività fisica e sociale promossa dalla sua compagnia.

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