Il consumo abituale di peperoncino dimezza il rischio di morte per ictus e infarto

A suggerirlo è uno studio italiano pubblicato sul "Journal of the American College of Cardiology" e basato sullo studio di un campione di 22.811 cittadini molisani, le cui abitudini alimentari sono state monitorate per otto anni.

Il consumo abituale di peperoncino dimezza il rischio di morte per ictus e infarto

A prescindere dal tipo di dieta seguita, il consumo abituale di peperoncino riduce sensibilmente il rischio di essere colpiti da ictus ed infarti. Ad arrivare a questa conclusione è stato uno studio coordinato dagli epidemiologi dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli, che hanno lavorato gomito a gomito con l’Istituto Superiore di Sanità, l’Università dell’Insubria a Varese e il Cardiocentro Mediterraneo di Napoli.

Per realizzare lo studio pubblicato sul Journal of the American College of Cardiology, ci si è basati su di un campione di 22.811 molisani provenienti dal gruppo “Moli-sani”, un ampio programma di ricerca avviato nel 2005 per scoprire l’eventuale esistenza di possibili fattori genetici e ambientali alla base di malattie cardiovascolari, tumori e patologie degenerative. Per otto anni, il loro stato di salute è stato monitorato con assiduità, permettendo di appurare che chi fa uso del peperoncino per quattro o più volte alla settimana, diminuisce il rischio di morte per infarto del 40%, e per ictus addirittura del 60%. In generale chi consuma questa spezia con regolarità, riduce del 23% il rischio complessivo di morte.

Così come riferito da Marialaura Bonaccio, epidemiologa del Neuromed, l’aspetto più significativo di questo studio “è che la protezione assicurata dal peperoncino è indipendente dal tipo di dieta adottata complessivamente, ovvero sia che si mangi in modo sano, sia che si scelga un’alimentazione meno sana, l’effetto protettivo del peperoncino è uguale per tutti”.

In passato, anche altre ricerche avevano constatato l’effetto salvavita del peperoncino. Uno studio degli scienziati dell’università del Vermont, negli Stati Uniti, aveva evidenziato come il consumo abituale di questa spezia fosse associato ad un calo della mortalità generale del 13%. Ad un risultato pressoché analogo era poi giunta anche una ricerca condotta in Cina su 500mila persone e pubblicata sul British Medical Journal. Anche qui la riduzione del rischio di morte è stato stimato con una percentuale del 14%.

Secondo i ricercatori italiani che hanno portato a termine lo studio, serviranno ora ulteriori approfondimenti per comprendere quali meccanismi biochimici determinano questi effetti positivi sulla nostra salute. A quanto pare ad ergere questo scudo protettivo sarebbe la contemporanea presenza di sostanze come la capsaicina, i carotenoidi, i polifenoli e la vitamina C.

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