L’ultimo report diffuso dall’Istituto Superiore di Sanità non lascia spazio a dubbi: dallo scorso mese di febbraio, il 99% di chi è morto per Covid non aveva terminato il ciclo vaccinale. Nel periodo intercorrente tra l’1 febbraio – data da cui decorrono le cinque settimane utili per concludere le vaccinazioni dall’inizio della campagna – e il 21 luglio, dei 35.776 positivi che hanno perso la battaglia con il Covid, solo 423 hanno riguardato soggetti che avevano completato le somministrazioni.
In quest’ultima categoria che corrisponde all’1,2% del totale dei morti, l’età media dei decessi è stata più alta rispetto alla totalità del campione osservato; allo stesso modo, chi si era sottoposto a entrambi i richiami, è morto di Covid avendo un numero di patologie pregresse maggiori rispetto a chi non aveva concluso il ciclo vaccinale.
A fronte infatti degli 88,6 anni dei vaccinati, l’età media dei decessi di chi non poteva contare sulla massima immunità fornita dai preparati attualmente disponibili si è fermata a 80 anni. Allo stesso modo, anche le 5 patologie pregresse dei vaccinati morti per Covid ha superato le 3,7 del rimanente campione, lasciando intendere che chi si è sottoposto alla profilassi, ha avuto maggiori possibilità di sopravvivenza anche a fronte di un maggior numero di malattie per cui era già in cura.
Tutto ciò conferma ancora una volta l’importanza di vaccinare le categorie più deboli. Gli anziani con patologie pregresse, sono di fatto più vulnerabili di fronte al contagio, in quanto pur essendo stati vaccinati, una volta infettati non sempre sviluppano una risposta immunitaria sufficiente a contrastare la malattia.
L’analisi condotta facendo riferimento su un campione di 70 cartelle cliniche dei 423 pazienti morti per Covid, ha permesso di appurare che nella maggior parte dei casi, per costoro si è fatto ricorso ad una terapia antibiotica e steroidea. Inoltre le complicazioni riscontrate con maggior frequenza sono state l’insufficienza respiratoria e le sovrainfezioni.