Farmaci personalizzati per ognuno di noi

In commento al caso della piccola Mila, che negli Stati Uniti ha ricevuto il primo farmaco prodotto per una sola persona, il reparto di Ricerche Farmacologiche di Milano spiega i prossimi passi.

Farmaci personalizzati per ognuno di noi

Man mano che conosciamo i meccanismi molecolari, i recettori coinvolti nel determinare le funzioni di una cellula, le basi genetiche delle malattie rare, in teoria potremmo essere capaciti di produrre un farmaco solo per un’unica persona. Questa è la direzione verso cui stiamo andando. E per le malattie rare questo è teoricamente più semplice, perché anche se sono causate da un solo difetto genetico, in un gene le mutazioni possono essere molte, a volte uniche, quasi ‘private‘”. Inzia così il discorso di Giuseppe Remuzzi, Direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri Irccs di Milano, per l’Adnkronos Salute, in merito al caso Mila.

Secondo i programmi dell’equipe medica anche i farmaci del futuro potranno essere personalizzati; come accade già ora, ad esempio, per i trapianti di organi o per le trasfusioni: sono interventi ad personam. Il lavoro svolto dai medici Americani, stando all’opinione dello specialista, è stato straordinario e potrebbe essere in grado di aprire la strada alla medicina del futuro prossimo.

Il caso della piccola Mila, affetta da una sindrome rara, ha occupato le pagine di tutti i giornali per l’impresa eroica dei medici curanti: il farmaco studiato appositamente per lei, ha potuto agire sul dna, correggendolo. I risultati, stando alla parola degli esperti, possono essere ancora migliori su un paziente che, a differenza della bambina, non presenta danni neurologici gravi: se un bambino viene trattato appena nato, per esempio, la cura con il farmaco personalizzato potrebbe essere del tutto curativa.

Resta il problema dei costi, che saranno molto elevati, ed andranno ad aggiungersi alle terapie già in essere. Inoltre, suggerisce Remuzzi, bisogna capire come tenere conto dei Paesi sottosviluppati: non si possono curare solo Europei o Americani e lasciare che, solo per una questione geografica, molti altri pazienti muoiano.

Il Direttore conclude affermando che i ricercatori Italiani, seppur preparati e competenti quanto quelli Statunitensi, non dispongono di risorse sufficienti.

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