Nuovi studi rivelano come agisce l’emicrania: alcuni scienziati dell’Università di Auckland, in Nuova Zelanda, stanno analizzando un nuovo metodo per sviluppare una strada che potrà portare allo sviluppo di un farmaco efficace contro questa condizione così comune.
A soffrirne maggiormente sono le donne, con una percentuale di due donne su 10, ma anche gli uomini seguono a ruota con una percentuale di uno su dieci. I trattamenti attualmente in atto per molti sono inefficaci e spesso tendono a provocare effetti collaterali spiacevoli e a volte anche pericolosi per la salute.
Quello che è certo è che gli attacchi di emicrania colpiscono persone con alti livelli di un ormone dolorifero chiamato CGRP (Calcitonin Gene-Related Peptide), una scoperta che è stata fatta circa vent’anni fa. Per contrastare gli attacchi forti, la classe di farmaci utilizzata finora è stata quella dei farmaci detti gepant, che ostacolano l’attività del CGRP nel ricettore dell’ormone nei nervi. Nonostante il blocco, l’efficacia di questi medicinali non è soddisfacente e non cura l’emicrania.
Il gruppo di scienziati guidati da Debbie Hay della Scuola di Scienze Biologiche dell’ateneo è convinto di aver fatto una scoperta sensazionale, e Hay su Annals of Clinical and Translational Neurology ha dichiarato: “Abbiamo scoperto che il CGRP attiva un secondo target sulla superficie delle cellule nervose sensibili al dolore, chiamato AMY1, che i gepant non sono capaci di bloccare. Nonostante il CGRP abbia un ruolo così chiaro nelle emicranie, se è stato finora così difficile bloccarlo è perché dovrebbe essere necessario bloccare anche un secondo recettore e non solo uno“.
Successivamente sarà sviluppato il ruolo dei due recettori e come potranno insieme venire incontro alla risoluzione del dolore. E’ quanto ha affermato Hay che, come gli altri, è convinto che la scoperta porterà tanti miglioramenti.
E a questo proposito aggiunge: “Abbiamo bisogno di una nuova classe di antidolorifici che si possano assumerne regolarmente. Gli oppioidi funzionano, ma vi sono problemi di tolleranza e di dipendenza, e servirebbe altro”.