Ecco il braccio robotico che si muove con il pensiero: Erik Soto ritorna a vivere

La nuova tecnologia sulle protesi ha raggiunto un traguardo incredibile: attraverso dei microelettrodi capaci di captare l’intenzione del cervello, un uomo paralizzato da 10 anni ha potuto muovere il braccio in autonomia

Ecco il braccio robotico che si muove con il pensiero: Erik Soto ritorna a vivere

Arriva l’ennesima frontiera delle protesi bioniche per le persone paralizzate, impiantando direttamente nel cervello alcuni sensori in grado di captare le intenzioni di movimento le trasferisce poi all’arto meccanico.

Sembra fantascienza ma invece è proprio la realtà: questo eccellente risultato è frutto dello studio di un gruppo di ricercatori del California Institute of Technology, Caltech e Rancho Los Amigos National Rehabilitation Center (Stati Uniti).  La loro scoperta ha permesso ad un uomo paralizzato dall’età di 21 anni in seguito ad una sparatoria di muovere un braccio bionico con il pensiero. La notizia è stata resa nota dalla rivista Science.

Le invenzioni nel campo delle protesi negli ultimi anni sono state frequenti e sempre più innovative. Tanti, infatti, sono ad oggi gli apparati realizzati per mettere in funzione gambe e braccia sfruttando un segnale elettrico che arriva dal cervello. Il problema sorge maggiormente per gli amputati, che anche dopo tanti esperimenti riescono difficilmente a far muovere gli arti con il pensiero.

Gli esperti hanno studiato a fondo la questione per migliorare la fluidità dei movimenti: infatti hanno deciso di spostare lo studio e di concentrarlo sul cervello, che è l’area che comanda i movimenti ed è il vero responsabile delle intenzioni di movimento. Il cambio si è rivelato vincente. Richard Andersen, uno degli autori dello studio, ha spiegato: Quando si sposta un braccio non si pensa a quali muscoli si devono attivare. Al contrario si pensa all’obiettivo del movimento”.

A dimostrare l’efficacia del metodo è la storia di Erik Soto, che adesso muove il suo braccio robotico in autonomia. Erik Soto, paralizzato da oltre 10 anni, il 17 aprile del 2013 si è sottoposto all’intervento di posizionamento degli elettrodi. Gli scienziati hanno impiantato nell’uomo due minuscoli “array” contenenti ognuno 96 microelettrodi e posizionati nella corteccia parietale posteriore.

Successivamente i dispositivi sono stati collegati ad un computer che manda gli impulsi al braccio meccanico. Dopo due settimane Erik ha iniziato la riabilitazione e nel primo giorno di test l’uomo ha incominciato a muovere il braccio meccanico in piena autonomia. A distanza di due anni i risultati sono eccellenti e dimostrano che questa nuova tecnologia è davvero efficace.

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