Esistono casi in cui la dieta e l’attività fisica non bastano per la cura del diabete; per esempio, nel diabete di tipo uno potrebbero sorgere numerose complicanze se non ben gestito dal paziente. Per ammortizzare l’effetto della malattia la scienza ha aperto come spiraglio di salvezza il trapianto delle isole di Langerhans, parte del pancreas deputata alla produzione dell’insulina che abbassa i livelli di glucosio nel sangue.
Nei diabetici di tipo uno infatti, il pancreas autodistrugge tale sostanza che dovrà essere iniettata obbligatoriamente dall’esterno, tramite iniezioni giornaliere da somministrare tutta la vita. Il trapianto di isole di Langerhans si propone dunque di reintegrare la secrezione endogena di insulina e viene eseguito partendo dal pancreas di un donatore umano.
Il pancreas, dopo essere stato prelevato, viene inviato al laboratorio deputato all’isolamento dove è sottoposto a una procedura complessa, prima di digestione e poi di purificazione, che ha l’obiettivo di separare le isole che serviranno per il trapianto dalla componente esocrina, che invece sarà eliminata. Durante questa procedura, si cerca di mantenere le isole vitali.
Solo pochi laboratori al mondo sono in grado di eseguire con successo questa tecnica. La selezione dei pazienti candidati al trapianto di sole isole viene effettuata seguendo dei precisi criteri di inclusione e di esclusione; ovviamente per poter accedere alla procedura del trapianto bisogna che il paziente abbia un diabete con degli scompensi glicemici persistenti, alternati da vari episodi ipoglicemici (bassi livelli di glucosio nel sangue) e che abbia una rapida progressione di complicanze tipiche della malattia come la retinopatia e la neuropatia. Insomma, requisito fondamentale per accedere all’intervento è un forte scompenso metabolico.
I rischi legati a questa manovra sono minimi e dopo alcune ore il paziente può riprendere la sua vita normale, alzarsi dal letto e alimentarsi. Ben il 90% dei soggetti trattati vedrà scomparire le ipoglicemie ed il 70% riuscirà a sospendere anche la terapia insulinica. Ovviamente bisognerà studiare ogni caso clinico, cercando di comprendere il rapporto rischio/beneficio di questo approccio terapeutico e i vantaggi che comporta nella normalizzazione del metabolismo glucidico. Nel frattempo nasce comunque la speranza, in chi è affetto da diabete di tipo uno, che la scienza abbia intrapreso la giusta direzione.