Decisione della Cassazione: la visita ginecologica senza consenso è reato

La Cassazione annulla il provvedimento di assoluzione da parte di un noto ginecologo, a seguito di una visita ginecologica avvenuta senza previo consenso esplicito da parte delle pazienti, pur adottando manovre mediche che rientrano nei protocolli generali.

Decisione della Cassazione: la visita ginecologica senza consenso è reato

La Cassazione ha decretato che “il consenso alla visita ginecologica non può mai essere dato per implicito dal medico che deve visitare una paziente, nemmeno se le manovre mediche eseguite sono clinicamente corrette“.

Di fatto, la Cassazione si è espressa in merito alla negazione dell’assoluzione di un ginecologo che ha visitato tre giovani donne straniere in modo alquanto invasivo, nonostante il dissenso espresso.

I provvedimenti della Cassazione

In primo grado riceve la condanna a 6 anni il Dottor Carlo G., che ha prestato servizio alla clinica San Gaudenzio di Novara, con l’accusa di violenza sessuale. Gli Ermellini, a seguito di queste vicende perpetuate nel tempo, hanno espresso quanto sopra, aggiungendo che “serve sempre il consenso esplicito e informato” in quanto non è da intendersi come evento implicito, seguito automaticamente dal denudamento della paziente e fatta sdraiare su un lettino ginecologico, solo perche si trova in uno studio medico.

I fatti

La suprema Cassazione ha accolto il ricorso da parte del procuratore della corte di appello di Torino per annullare il proscioglimento da parte del medico Carlo G.. Stando a quanto riportato, pare che il dottore a carico di più pazienti abbia praticato delle manovre senza spiegazione alcuna sulla finalità delle stesse manovre, stimolando “sessualmente” le donne ai fini di testare la reazione al “piacere“. Nonostante la reazione di una delle pazienti il medico aveva risposto “poi ti spiego” continuando la pratica, cessatasi solo dopo ulteriore protesta della donna.

Le accuse

Il medico quindi è stato condannato in primo grado dal tribunale di Novara con l’accusa di violenza sessuale in quanto le pratiche, per quanto corrette, erano state eseguite con un comportamento “a sorpresa” e “morboso”. Il difensore dell’imputato è l’avvocato Luigi Chiappero (anche legale della Juventus). L’accaduto, così come la condanna in primo grado, è avvenuto tra Gennaio e Agosto del 2013; poi, nell’Aprile del 2018 il medico è stato prosciolto stabilendo che “i fatti non sussistono reato” in quanto le attività compiute dal medico, pur non essendo espressamente richieste, risultavano comunque “obiettivamente consentite“.

In contrapposizione la Cassazione, nell’atto dell’emazione del verdetto ha aggiunto che il medico è tenuto sempre a chiedere il consenso “prima di procedere al compimento di atti incidenti sulla sfera di autodeterminazione della libertà sessuale“, trattandosi di un “obbligo giuridico” e la sua mancanta adempienza è rappresentanza di reato.

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