Covid: perché non dobbiamo allarmarci per la nuova variante ricombinante XE

È una ricombinazione di Omicron 1 e Omicron 2 rilevata, soprattutto, nel Regno Unito: si tratta della variante ricombinante XE del covid-19. Al momento non si hanno dati certi sulla sua maggiore aggressività

Covid: perché non dobbiamo allarmarci per la nuova variante ricombinante XE

Seguire l’evoluzione di un virus in tempo reale implica continuare a parlare di varianti. E, anche se in Italia lo stato di emergenza è finito il 31 marzo, il covid continua a far parlare di sé.

Ora è la variante XE del virus, rilevata nel Regno Unito il 19 gennaio scorso, a catturare l’attenzione di epidemiologhi e virologi.

Cos’è l’XE?

Iniziamo col dire cosa XE non è: non si tratta di una nuova variante del covid-19 definita preoccupantevariants of concern” (Voc) dall’OMS. E non è nemmeno una nuova sottovariante di omicron. Piuttosto è una ricombinazione, cioè una combinazione di due diverse varianti, in questo caso le due sottovarianti di omicron più diffuse al mondo, ovvero Omicron 1 e Omicron 2 (dette anche BA.1 e BA.2). È stata la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità a pubblicare a fine marzo un aggiornamento epidemiologico sulla rilevazione di questa variante ricombinante: “L’XE è stato rilevato per la prima volta nel Regno Unito il 19 gennaio e da allora sono state segnalate e confermate più di 600 sequenze“, scrive l’Oms. E avverte: “Le prime stime indicano che abbia un tasso di crescita superiore di circa il 10%, rispetto a BA.2“. Va ricordato che BA.2, a sua volta, è già più trasmissibile di BA.1.

Solitamente una variante ricombinante si verifica quando una persona viene infettata da due diversi ceppi dello stesso virus e questi, nel momento in cui si replicano, si mescolano. Secondo gli esperti, le ricombinanti sono un fenomeno ordinario che si verifica nella propagazione di un virus. Gli scienziati che si occupano di sorveglianza genomica, insistono sul fatto che sia troppo presto per sapere se XE sia davvero preoccupante. Ma “l’Oms ha l’obbligo di allertare, di monitorare“, ricordano.

Quando compaiono le varianti, in un primo momento “ci sono pochi dati per sapere come sarà la loro evoluzione. A priori non possiamo sapere perché una possa essere più importante dell’altra. Non sappiamo ancora in cosa si traduca esattamente la combinazione di queste due varianti”, sottolinea a Infobae González-Recio, genetista e esperto in sequenziamento.

Evitare allarmismi

In ogni caso, l’emergere di questa variante ricombinante è “assolutamente normale” e prevista, poichè Omicron 1 e Omicron 2 coesistono nel tempo, spiega lo scienziato. Non è strano che succeda. Questo tipo di eventi evolutivi si verificano continuamente e la stragrande maggioranza di essi, dopo essere apparsi, scompaiono. Inoltre González-Recio mette in guardia dalle eccessive informazioni che stanno circolando in questo momento sulla variante ricombinante e dall’allarme che queste possono generare. Le varianti continueranno a venire fuori e a livello scientifico è molto interessante, ma “dobbiamo evitare allarmismi”, sottolinea.

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