Covid-19: secondo uno studio londinese ne esistono 6 differenti tipologie

Ad affermarlo è un team di ricercatori diretto da Claire Steves del King's College di Londra. Come da lei documentato, sulla base dei sintomi e della gravità, è possibile individuare da quale tipologia di Covid-19 si è stati colpiti.

Covid-19: secondo uno studio londinese ne esistono 6 differenti tipologie

In ragione dei sintomi e della gravità della malattia, è possibile individuare sei differenti tipologie di Covid-19. A sostenerlo è uno studio realizzato presso il King’s College di Londranon ancora sottoposto all’attenzione di una rivista accademica o scientifica.

Come documentato da Claire Steves, autrice principale di questa ricerca, utilizzando un’app che sfrutta un algoritmo matematico che considera i sintomi accusati dai pazienti, è stato possibile catalogare sei diversi tipi di virus.

Il primo è stato denominato “simil influenza senza febbre” in quanto oltre a provocare i classici sintomi influenzali, comporta anche la perdita del gusto. La seconda variante, identificata come “simil influenza con febbre”, oltre alla febbre si caratterizza per la presenza di raucedine e perdita di appetito. Esiste poi una terza categoria definita “gastrointestinale” che non si manifesta attraverso la tosse, ma più che altro attraverso dei sintomi come la dissenteria.

A questo primo gruppo di tre varianti, si aggiungono altre tre tipologie, questa volta differenziate per livello di gravità dei sintomi. Il primo stadio si palesa attraverso un’evidente fatica cronica, il livello due si identifica invece nel momento in cui compare un’evidente stato confusionale, mentre il terzo step, il più grave in assoluto, è accompagnato da serie difficoltà respiratorie e dolori addominali. Chi viene colpito da quest’ultima variante, nel 20% dei casi avrà necessità di supporto respiratorio, ausilio necessario solo nell’1,5% dei pazienti colpiti dalla variante numero uno.

Identificare in quale tipologia rientri ciascun paziente affetto da Coronavirus, può dunque essere utile per personalizzare e rendere più efficaci le terapie, prevedendo quale potrà essere il decorso della malattia. Come dichiarato dalla stessa Claire Steves, “se si può predire al quinto giorno di malattia di che tipo di paziente si tratta, c’è tempo per un supporto precoce, come il monitoraggio dell’ossigeno nel sangue e dei livelli di zuccheri”.

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