Coronavirus: il piano B alternativo al vaccino

Nel bel mezzo della lotta contro il covid-19, numerosi scienziati di diverse parti del mondo consigliano di pensare a un piano B nel caso in cui un vaccino contro la Sars-Cov-2 non debba arrivare in tempi brevi

Coronavirus: il piano B alternativo al vaccino

In questo tempo di pandemia la popolazione mondiale coltiva una speranza: la scoperta di un vaccino sicuro, efficace, in grado di inibire gli effetti del Coronavirus Sars-CoV-2. Alcuni virologi hanno previsto un periodo di 12-18 mesi per la realizzazione di un vaccino contro il covid-19: poco tempo per la scienza; molto per una pandemia. Tuttavia, queste previsioni destano preoccupazione e sempre più voci invitano alla calma.

L’immunologo Sergio Abrignani, ordinario di Patologia generale all’Università Statale di Milano e direttore dell’Istituto nazionale di genetica molecolare, sottolinea che sono necessari almeno 8 anni per portare un vaccino in farmacia. Sulla base alla sua pluriennale esperienza, ritiene difficile che entro due anni si possa avere un vaccino che rispetti due caratteristiche fondamentali, ovvero che sia sicuro e in grado di indurre una risposta immunitaria duratura e protettiva, senza considerare il tempo necessario per la valutazione dei possibili effetti collaterali a lungo termine. “Quando sento parlare di un vaccino pronto per settembre, è fantascienza per me“, ha affermato.

Più di 35 anni fa, nel 1984, Margaret Heckler, segretario alla salute degli Stati Uniti, annunciò che il virus, poi noto come HIV, era stato identificato con successo e predisse che un vaccino sarebbe stato pronto per essere testato di lì a due anni. Attrezzature, denaro e tempo sono stati investiti a questo scopo che nel 2020 non è stato ancora raggiunto. Intanto la malattia è diventata cronica, non mortale ma nemmeno debellata. Così come non è mai stato sviluppato un vaccino contro la SARS, i cui processi sono stati abbandonati per una semplice ragione: la malattia è scomparsa.

La notizia è buona ed è condivisa da vari esperti da Israele all’Italia e altre nazioni. Poiché l’attuale Sars-CoV-2 condivide l’80 percento del carico genetico della SARS, forse la sua forza di contagio diminuirà fino alla sua morte come il suo predecessore. L’Organizzazione Mondiale della Sanità riconosce l’esistenza di sette diversi tipi di coronavirus che possono colpire l’uomo, il primo dei quali è stato descritto negli anni 1960. Ma non esistono ancora vaccini o farmaci antivirali che possano prevenire o curare nessuno di essi.

Il piano B

E’ dai tempi dell’AIDS che si parla della variante obbligatoria, altrimenti detta Piano B: convivere con il virus se non può essere eliminato. Il “Corriere della Sera”, in un articolo firmato dalla giornalista Cristina Marrone, prospetta “una seconda possibilità meno popolare, e cioè che nessun vaccino verrà mai sviluppato” e la conseguente necessità di iniziare a credere che si dovrà “imparare a convivere” con il Coronavirus “se non per sempre, per molto tempo“. La giornalista sottolinea che sono molti gli esperti che stanno seriamente considerando la possibilità che il vaccino non arrivi affatto o che non arrivi “così velocemente come ci si potrebbe aspettare“.

Ma supponendo che alla fine il vaccino arrivi, il problema sarà la produzione su scala mondiale, in quantità mai immaginate fino ad oggi. Servirebbero 5,6 miliardi di vaccini per raggiungere il 70% della popolazione e quindi la piena immunità. Ma i laboratori di fama internazionale hanno la capacità produttiva per garantire che il vaccino raggiunga quasi sei miliardi di abitanti? Johnson & Johnson afferma che potrebbe riuscire a produrne 300 milioni ogni anno. Pfizer conta di produrne dai 10 a 20 milioni entro novembre. Ovviamente solo se i loro vaccini dovessere essere approvati.

Continua a leggere su Fidelity News