Celiachia, svolta dall’Australia: il nuovo test la diagnostica senza mangiare glutine

Un nuovo test messo a punto in Australia consente di individuare la celiachia anche nelle persone che seguono una dieta priva di glutine, evitando i disturbi associati alla sua reintroduzione.

Celiachia, svolta dall’Australia: il nuovo test la diagnostica senza mangiare glutine

Una rivoluzione diagnostica è pronta a cambiare il modo in cui si identifica la celiachia: per la prima volta, grazie a un nuovo test sviluppato in Australia, sarà possibile diagnosticare questa patologia autoimmune senza dover reintrodurre il glutine nella dieta. Si tratta di un cambiamento radicale, destinato a migliorare la qualità della vita di milioni di persone che sospettano di essere celiache ma temono i sintomi debilitanti legati alla reintroduzione del glutine.

La celiachia, come noto, è una patologia autoimmune scatenata dall’ingestione del glutine, un complesso proteico presente in grano, orzo e segale. Nei soggetti geneticamente predisposti, il glutine innesca una risposta del sistema immunitario che danneggia la mucosa intestinale. Fino a oggi, per ottenere una diagnosi certa era necessario assumere glutine per un certo periodo prima di effettuare esami del s@ngue e biopsie intestinali, condizione che esponeva i pazienti a dolori, gonfiori, disturbi digestivi e malesseri anche gravi.

Il nuovo test ematico, messo a punto dal Walter and Eliza Hall Institute (WEHI) di Parkville in collaborazione con la Novoviah Pharmaceuticals, consente invece di rilevare la celiachia anche in chi segue già una dieta priva di glutine.

Il cuore di questo esame innovativo è la misurazione dell’interleuchina-2 (IL-2), una molecola prodotta dal sistema immunitario in risposta al glutine. Sebbene normalmente i livelli di IL-2 aumentino dopo aver ingerito cibi contenenti glutine, i ricercatori sono riusciti a stimolare questa risposta direttamente in laboratorio, tramite un test “in provetta” che simula l’esposizione al glutine senza doverlo realmente consumare.

Pubblicato sulla rivista scientifica Gastroenterology, lo studio ha coinvolto 181 partecipanti divisi tra celiaci in dieta aglutinata, celiaci attivi, soggetti con sensibilità al glutine non celiaca e individui sani. Il test ha mostrato una sensibilità del 90% e una specificità del 97%, dimostrandosi estremamente affidabile anche in assenza di esposizione alimentare al glutine. Inoltre, è emersa una correlazione diretta tra l’intensità del segnale IL-2 e la gravità dei sintomi, permettendo una stima accurata della reazione del paziente al glutine.

Secondo la dottoressa Olivia Moscatelli, prima autrice dello studio, questa nuova metodologia offre un’alternativa concreta e meno invasiv@ agli attuali protocolli diagnostici. Potrà infatti aiutare chi ha già escluso il glutine dalla propria alimentazione e teme di rimetterlo in tavola solo per confermare una diagnosi. Il prossimo passo sarà validare ulteriormente il test in ambito clinico: il team di ricerca del WEHI sta già collaborando con la Novoviah Pharmaceuticals per rendere disponibile il test in tutto il mondo entro due anni. Se confermato, rappresenterà uno strumento diagnostico prezioso e sicuro, aprendo una nuova era nel contrasto alla celiachia e migliorando concretamente il percorso di diagnosi per milioni di persone.

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