Cecità, individuato il gene responsabile

Usando le cellule staminali, gli scienziati hanno investigato le cause della retinite pigmentosa, una malattia degli occhi degenerativa, riuscendo ad identificare i geni responsabili e salvando la vista a due topi da laboratorio

Cecità, individuato il gene responsabile

Gli scienziati sono sempre più vicini ad una svolta fondamentale nei trattamenti personalizzati per una delle cause principali della cecità. I ricercatori hanno iniziato a lavorare per creare terapie individuali basate sui geni per una delle malattie principali che può portare alla perdita della vista; hanno usato cellule staminali indotte, prelevate da cellule della pelle ordinarie, per investigare le cause specifiche in ogni paziente affetto da retinite pigmentosa, malattia degenerativa agli occhi che può portare alla cecità o alla perdita del campo visivo periferico.

Nel testare le cellule retinali create in laboratorio partendo dalle cellule staminali, gli scienziati sono riusciti a collegare la retinite pigmentosa in due pazienti con la mutazione di un gene, chiamato MFRP. Hanno poi usato un virus per mandare copie normali del gene nelle cellule della retina per ripristinare le loro funzioni. In esperimenti successivi, la terapia con i geni è stata usata per salvare la vista di topi da laboratorio geneticamente modificati per avere lo stesso problema causato dalla retinite pigmentosa.

Lo scienziato che guida l’esperimento, il professor Stephen Tsang della Columbia University di New York, ha detto: “L’uso di cellule specifiche per testare l’efficacia della terapia dei geni, per correggere con precisione una deficienza genetica del paziente, porta un altro grande strumento per avanzare nel campo della medicina personalizzata”.

Sono stati collegati più di sessanta geni diversi con la malattia, rendendola molto difficile da studiare. Uno dei primi sintomi della malattia consiste nella riduzione della vista di notte fino alla cecità notturna. Dopodiché, le persone colpite passano alla cosiddetta “visione a cannocchiale”, cioè la perdita della vista periferica. Col progresso della malattia, vengono distrutti i fotorecettori nella macula, portando ad una perdita totale della vista.

Colpisce circa una persona su tremila, ed i sintomi possono comparire fin dall’infanzia che nell’età adulta. Varia anche da persona a persona il decorso della malattia e la gravità con la quale colpisce, fermandosi a volte ai primi stadi di deterioramento prima di raggiungere la cecità completa.

La ricerca del Professor Tsang e del suo team è stata pubblicata nella versione online della rivista Molecular Therapy.

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