Carenze di vitamina D raddoppiano il rischio di infezione da Covid-19

Qualche mese fa lo aveva annunciato l’Università di Torino, ora un’ulteriore conferma arriva da una ricerca dell’Università di Chicago: la vitamina D ha un indiscusso ruolo protettivo di fronte alle infezioni da Coronavirus.

Carenze di vitamina D raddoppiano il rischio di infezione da Covid-19

Dopo l’Università di Torino che all’indomani dello scoppio della pandemia aveva individuato l’effetto protettivo della vitamina D di fronte al rischio di contrarre il Coronavirus, ora anche l’Università di Chicago è arrivata alle stesse conclusioni, aggiungendo che la carenza di questo pro-ormone, di fatto può anche raddoppiare le possibilità di poter essere contagiati dalla SARS-Cov-2. 

Per dimostrare la validità di questa affermazione, i ricercatori del Medical Center dell’Università di Chicago sono entrati nel merito delle condizioni di salute di 489 pazienti ricoverati presso la loro struttura nei 12 mesi precedenti, e successivamente sottoposti al test per individuare il Coronavirus. Tra costoro, chi presentava una carenza di vitamina D mai curata fino ad allora, ha dimostrato di avere quasi il doppio delle probabilità di risultare positivo al Covid-19. 

Lo studio pubblicato su JAMA Network Open, apre dunque un nuovo fronte di ricerca su cui concentrare ulteriori sforzi e analisi. L’obiettivo finale che non bisogna però perdere di vista, è comprendere appieno quale sia la correlazione tra vitamina D e Coronavirus.

Ad ogni modo, i risultati di tutti questi studi confermano per l’ennesima volta quello che è il ruolo della vitamina D, ad oggi già conosciuta per le sue proprietà protettive nei confronti di qualsiasi infezione virale del tratto respiratorio. L’assunto, a quanto pare sarebbe facilmente applicabile anche al più recente caso del Coronavirus.

Il dottor David Meltzer, capo della medicina ospedaliera della struttura nonché autore principale dello studio, afferma che una carenza di vitamina D, condizione che si verifica nel momento in cui non si raggiunge una quantità minima di 20 nanogrammi per millilitro di sangue, può essere facilmente superata con una cura poco costosa, “generalmente molto sicura da assumere, che può essere somministrata senza significative controindicazioni”. Da qui è più che mai cruciale comprendere se il trattamento in questione ridurrà il rischio contagio, circoscrivendo al contempo anche il dilagare della pandemia.

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