Anche l’astronomia potrà contribuire allo studio dei tumori

Se dall’analisi della luce riflessa nel cosmo si può capire la natura dei corpi celesti presenti nell’universo, in maniera del tutto speculare si possono scoprire i tumori, studiando come i tessuti del corpo umano rispondono agli impulsi luminosi.

Anche l’astronomia potrà contribuire allo studio dei tumori

Nella spasmodica rincorsa alla soluzione che possa sconfiggere definitivamente i tumori, la comunità medica si è resa conto che ogni campo della scienza può tornare utile alla ricerca oncologica. Detto in altre parole, il progresso raggiunto in molti ambiti del sapere può essere utilizzato anche da parte di chi cerca di sconfiggere il male più temuto del XXI secolo.

Alla luce di questo assunto, si deve concludere che persino l’astronomia può venire in soccorso alla ricerca. Anche se di primo acchito si sarebbe propensi a non ravvisare alcuna analogia, i primi esperimenti realizzati in Gran Bretagna presso l’Università di Exeter hanno inevitabilmente smentito le posizioni dei più scettici.

Lo strumento che l’astronomia potrebbe fornire alla ricerca sui tumori, sarebbe lo studio della rifrazione della luce. Sulla base di come questa viene assorbita, riflessa o dispersa, le agenzie spaziali sono state in grado di catalogare i vari corpi celesti presenti nello spazio, formulando una serie di ipotesi non solo sulla loro consistenza, ma anche su cosa nascondono al loro interno.

Applicando questa tecnica anche in campo medico, sarà quindi molto più semplice individuare un tessuto colpito da un tumore. Anche perché il team guidato dal biochimico Charlie Jeynes, ha dimostrato che i programmi informatici utilizzati per studiare i corpi extraterrestri possono essere validamente impiegati per scoprire i tumori al seno o della pelle.

Questo genere di malattie è infatti associato alla comparsa di depositi di calcio, facilmente individuabili dai fasci di luce. Da qui si spiega perché questi ultimi, oltre che nel campo dell’astronomia, potrebbero essere utilizzati con successo anche in ambito clinico. Con questa premessa, l’obiettivo non può che essere quello di sviluppare un test diagnostico rapido che eviti il ricorso alle biopsie non necessarie, migliorando al contempo le prospettive di sopravvivenza per migliaia di persone afflitte da questo male.

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