Anche 20.000 anni fa una pandemia da coronavirus colpì il continente asiatico

A scoprirlo è stato uno studio genetico condotto dall’Australian National University dopo aver individuato tracce di adattamenti genetici nel dna della popolazione dell’Asia orientale, colpita 20.000 anni fa da un antico coronavirus.

Anche 20.000 anni fa una pandemia da coronavirus colpì il continente asiatico

Mentre l’umanità continua a combattere contro il virus Sars-CoV-2, un team di ricerca dell’Australian National University di Canberra ha scoperto che anche in passato i coronavirus hanno rappresentato una concreta minaccia per la vita dell’uomo.

Il loro studio documentato all’interno della rivista scientifica Current Biology si è basato su un principio cardine dell’evoluzione, secondo cui “il genoma umano moderno conserva informazioni evolutive che risalgono a decine di migliaia di anni fa”. Un po’ come nel caso degli anelli dei tronchi che forniscono informazioni sulle condizioni in cui sono cresciuti gli alberi, anche nel dna nell’uomo è possibile trovare traccia di antichi eventi che hanno messo a rischio la sopravvivenza del genero umano. 

Detto in altre parole, tutti i cambiamenti fisiologici o immunologici che hanno permesso ai nostri avi di resistere ai fattori esterni più avversi, hanno lasciato una traccia anche nel nostro patrimonio genetico. Ed è proprio facendo uso delle più moderne tecnologie che è stato possibile individuare i segni di un antico ed improvviso adattamento in 42 geni umani che codificano le proteine che interagiscono con i virus. 

Kirill Alexandrov, co-autore di questa ricerca, entrando più nel dettaglio ha aggiunto che “le proteine del Sars-CoV-2 interagiscono con più di 300 proteine umane. Di queste, 42 mostrano un potente segnale di adattamento circa 900 generazioni fa”. Ciò significa che anche 20.000 anni fa, l’umanità si è trovata a dover combattere una violenta epidemia da coronavirus.

Ad ogni modo, questa particolare mutazione è stata identificata solo in cinque popolazioni dell’Asia orientale, ancora una volta probabile zona di origine di una pericolosa famiglia di coronavirus. I maggiori segni di adattamento sono stati infatti rinvenuti nell’attuale popolazione della Cina, del Giappone, della Mongolia, della Corea e del Vietnam. Lo studio evolutivo ha quindi permesso di saperne di più sulla millenaria convivenza tra uomo e coronavirus, ma dall’altra parte ha confermato che chi ha sviluppato delle proficue mutazioni genetiche, è riuscito anche a superare più facilmente i devastanti effetti dell’antica pandemia. Studiare questi geni diventa quindi una priorità dalla quale si spera di accelerare lo sviluppo di nuovi farmaci antivirali capaci di contrastare l’azione del Sars-CoV-2.

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