Il cibo – o meglio, l’atto di nutrirsi – rappresenta uno dei bisogni fondamentali dell’essere umano: se non introducessimo sostanze nutritive nel nostro organismo, finiremmo di consumarci letteralmente fino a morire in modo atroce. Ma oltre ad essere una necessità, mangiare è anche un piacere non di poco conto, tant’è che potendo scegliere le pietanze di norma andiamo su ciò che più ci piace o ci ispira (fatto salvo per regimi dietetici particolari).
E’ dunque essenziale trovare un equilibrio tra la gratificazione data dal cibo e la sua salubrità, e di norma per valutare la prima siamo soliti affidarci a due sensi ben precisi: gusto e olfatto. Un buon odore è infatti un ottimo viatico per poter assaporare al meglio ciò che stiamo per mangiare, ed un sapore piacevole è ancora più essenziale per poterne godere appieno.
Ma anche la vista d’altronde fa la sua parte, dal momento che spesso siamo invogliati a mangiare cibi che ci appaiono particolarmente appetitosi, e ci dimostriamo più reticenti ad ingurgitare ciò che invece, di primo impatto, non ci ispira. Ma fino a che punto gli occhi possono “decidere per noi” cosa mangiare e cosa no?
Un gruppo di ricercatori della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste ha fatto luce su questo interrogativo, spiegando che il nostro cervello effettua un delicato lavoro di scrematura degli alimenti partendo già dalla loro apparenza, e soprattutto – cosa veramente importante – facendo riferimento al colore del cibo.
Lo studio in questione, pubblicato sulla rivista Scientific Reports, spiega come questo meccanismo atavico possa spingere una persona ad effettuare una pre-selezione del cibo basandosi proprio su discriminanti esclusivamente cromatiche. “Nei cibi naturali il colore è un buon indicatore dell’apporto calorico” ha spiegato il dottor Francesco Foroni, uno degli autori della ricerca.
“Più un cibo tende al rosso e più è probabile che sia nutriente, mentre quelli verdi di norma contengono poche calorie“. Ma da dove deriva questa oramai consolidata abitudine del nostro cervello a catalogare il cibo sulla base del colore per stimarne l’apporto calorico potenziale? Stando ai ricercatori del centro triestino, si tratta di un meccanismo evolutivo ancestrale risalente agli albori della nostra razza.
Questa ricerca, sottolineano i suoi autori, può essere utile non solo per capire i meccanismi “ombra” che spingono una persona a scegliere un tipo di cibo piuttosto che un altro, ma anche in ambito medico per migliorare la qualità e l’efficacia degli interventi nei casi di di disturbi alimentari ed obesità.