Vermi del ghiaccio: scrivono, nero su bianco, la loro presenza

Da diversi ghiacciai del nord-ovest del Pacifico stanno emergendo dei piccoli vermi neri. La Nasa ha impiegato un biologo nella ricerca su possibili forme di vita in ambienti estremi.

Vermi del ghiaccio: scrivono, nero su bianco, la loro presenza

Sono centinaia di migliaia i minuscoli vermi che scrivono, nero su bianco, la loro presenza nel ghiacciaio Paradise sul Monte Rainier, a Washington. Il fenomeno non è nuovo. Sul ghiacciaio Muir, in Alaska erano stati segnalati per la prima volta oltre un secolo fa, nel 1887. Dopo quella data sono stati notati anche “sulla maggior parte dei ghiacciai costieri in British Columbia, Washington e Oregon” si legge nella pagina La Zampa de La Stampa online. 

Da sempre i biologi avevano considerato i ghiacciai d’alta quota come luoghi privi di vita, ora sono pronti a rivedere le loro teorie. Un ricercatore della Washington State University, Scott Hotaling che si è recato sul posto in esplorazione, ha affermato: “Penso che siano come la mascotte dei ghiacciai di montagna in Occidente“.

I vermi del ghiaccio sono lunghi circa due centimetri, si riconoscono in fretta per il colore nero. Si nutrono di alghe presenti nella neve e di batteri. Mesenchytraeus solifugus è il loro nome scientifico. Ce ne sono talmente tanti in un metro quadrato che diventa impossibile muoversi senza calpestarli, ha testimoniato Hotaling.

Risulta interessante il loro rapporto con il ghiaccio e la neve. Hotaling sostiene che questi vermi possono sopravvivere per un massimo di due giorni a temperature che raggiungono circa i 24 gradi, ma, pur vivendo nella neve e nel ghiaccio, non sopravvivono se le temperature scendono sotto lo zero. Tolleranti ai raggi UV, quando nel pomeriggio e verso il tramonto emergono sulla superficie bianca, secondo lo studioso, lo fanno “per ottenere energia termica dal sole e trovare cibo” si legge sempre in lastampa.it. 

Se la Nasa ha impegnato oltre 200.000 dollari per conoscere meglio i vermi del ghiaccio, sta a dire l’interesse per queste forme di vita in ambienti finora considerati impossibili, in particolare “su altri pianeti o lune fredde” scrive lastampa.it. La ricerca è stata affidata a un biologo evoluzionista della Rutgers University, il dottor Dan Shain.

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