Shenzhen, dal primo maggio stop al consumo di carne di cani e gatti

Lo stop al consumo di carne di cani e gatti in Cina, preannunciata durante l'ondata del Coronavirus, verrà finalmente applicata: a Shenzhen, dal primo maggio, stop definitivo.

Shenzhen, dal primo maggio stop al consumo di carne di cani e gatti

Lo stop al consumo di carne di cani e gatti in Cina, che era stata preannunciata dalle autorità del Paese asiatico durante l’ondata del Coronavirus, verrà finalmente applicato mano a mano concretamente in tutte le città ed i centri; dopo la decisione di due mesi fa, si vedono i primi effetti concreti ed i divieti che bloccheranno questa pratica incivile.

La prima città ad applicare questa normativa sarà Shenzhen, la capitale industriale e della tecnologia cinese, con oltre 13 milioni di abitanti; dal primo maggio lo stop sarà definitivo e quindi non si tratta di una disposizione temporanea sorta a causa del virus. Il monito è molto chiaro: non un divieto simbolico in un piccolo centro, ma che viene da una delle città più importanti di questa nazione.

Cani e gatti in qualità di animali domestici hanno stabilito una relazione molto più stretta con gli umani di qualsiasi altro animale. Vietare il consumo di cani, gatti e altri animali domestici è una prassi comune nelle nazioni sviluppate, a Hong Kong e a Taiwan. Questo divieto risponde all’appello e allo spirito della civiltà umana“. Queste sono le parole che si possono leggere nel testo dell’ordinanza relativa allo stop al consumo di carni canine e feline.

Il divieto sarà esteso nei mesi successivi a molte altre città cinesi, pronte a seguire l’esempio di Shenzhen, ma anche la stessa città apripista sta pensando di estendere lo stop anche al consumo di carne di altri animali selvatici, come serpenti, tartarughe ed insetti, sulla base di uno studio che riferisce che mangiare queste bestie non offre maggiore nutrimento rispetto al bestiame ed al pollame. Si avvicina quindi un altro passo verso la preservazione di altre specie.

A rendere questa normativa un gesto concreto e non un atto simbolico sono le pesanti sanzioni per chi contravviene: il consumatore pagherà da 5 a 30 volte il valore dell’animale con cui ha pranzato, mentre il gestore subirà una multa pari dalle 3 alle 10 volte il totale del reddito conseguito illecitamente con questa attività.

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