Ricostruito l’impatto del meteorite che estinse i dinosauri

Un team di ricercatori ha voluto ripercorrere le dinamiche del tremendo impatto di Chicxulub; con questo nome si fa riferimento ad un asteroide di circa 15 km di diametro che 66 milioni di anni fa colpì una zona non lontana dall’attuale Messico.

Ricostruito l’impatto del meteorite che estinse i dinosauri

A lungo ci si è domandati quale fu la causa dell’estinzione dei dinosauri. Dopo varie ipotesi più o meno attendibili, solo negli ultimi anni una delle diverse ipotesi formulate è diventata pressochè condivisa dalla comunità scientifica: l’estinzione fu la conseguenza dell’impatto di un enorme asteroide che colpì la Terra circa 66 milioni di anni fa. Le conseguenze determinarono devastazioni su scala planetaria oltre a lasciarci quello che oggi viene chiamato “il cratere di Chicxulub”.

Le tracce dell’impatto sono state localizzate da oltre un ventennio non lontano dalla penisola dello Yucatan, in Messico. Il cratere di Chicxulub si trova per la maggior parte immerso in mare, coperto da circa 600 metri di sedimenti; sulla terraferma, nonostante la presenza di rocce calcaree, il profilo del cratere è invece ben riconoscibile. L’impatto di proporzioni immani fu talmente devastante da determinare per anni grandi cambiamenti climatici: per i dinosauri non ci fu alcuna via di scampo, così come per il 75% della flora e della fauna terrestre.

Per ricostruire quanto avvenuto 66 milioni di anni fa, un gruppo internazionale di 30 geologi ha deciso di unire le proprie forze. Il team denominato Expedition 364 annovera al suo interno ricercatori provenienti da Stati Uniti, Europa, Giappone e Messico. Il loro lavoro si è concentrato sulla perforazione dei fondali marini al fine di comprendere le dinamiche della collisione. Per l’occasione hanno estratto carote di rocce capaci di svelare i misteri di una delle catastrofi più gigantesche vissute sul nostro pianeta.     

L’asteroide di Chicxulub doveva avere un diametro di circa 12-15 km. Con questa stazza, l’impatto con la Terra generò un cratere di diametro pari a 200 km e profondo 30 km. L’energia sprigionata fu tale da sciogliere la crosta terrestre, che una volta liquefatta si alzò e abbassò ripetutamente come le onde d’acqua all’interno di una bacinella. Ma questa “bacinella” era destinata ben presto a collassare su sé stessa, in quanto una notevole quantità di materiali si riversò al suo interno. Come conseguenza, il cratere si allargò di diametro, diminuendo in termini di profondità. L’evento sollevò un’enorme nube di detriti che oscurò a lungo il cielo.

I ricercatori di Expedition 364 sono arrivati a tali conclusioni grazie ai carotaggi eseguiti sul bordo del cratere, e più precisamente nella zona chiamata “anello di picco”. Era proprio in questa zona che i geologi si aspettavano di rinvenire rocce di profondità, riaffiorate in superficie a seguito dell’impatto. Il geologo Sean Gulick dell’Università del Texas di Austin, Stati Uniti, ha infatti confermato di aver «trovato del granito rosa, esattamente quello che ci aspettavamo di trovare. È profondamente deformato e fratturato, a livello sia macroscopico sia dei singoli minerali: è la prova inconfutabile che quelle rocce furono sottoposte a un enorme stress, dovuto a temperature e pressioni colossali». Joanna Morgan, dell’Imperial College di Londra ha anche aggiunto che «tutto avvenne nell’arco di pochi minuti e questo è davvero sorprendente».

Gli studi condotti dal gruppo di ricercatori potranno essere utili per far luce su altri impatti e su altri crateri presenti non solo sulla Terra, ma anche sul suolo lunare o su altri pianeti del sistema solare. In secondo luogo non bisogna tralasciare come tale evento sia stato capace di rendere le rocce maggiormente porose. Questa condizione avrebbe potuto creare i presupposti per offrire riparo a organismi semplici, che avrebbero quindi potuto riprodursi con più facilità. Considerando la numerosità degli asteroidi che colpirono la Terra agli albori della sua esistenza, non si può non escludere che proprio gli impatti di corpi celesti alieni abbiano portato o quantomeno creato i presupposti per la vita sulla Terra

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