Il leone rischia di estinguersi entro il 2050

La sopravvivenza del leone è sempre più messa in difficoltà. Dal 1996 la popolazione di questo mammifero appartenente alla famiglia dei felidi si è ridotta del 45%. Con questo trend, il re della savana rischia di estinguersi entro il 2050.

Il leone rischia di estinguersi entro il 2050

La sopravvivenza del leone è a rischio. A sancirlo è l’IUCN, l’Internazional Union for Conservation of Nature, l’organizzazione non governativa avente per oggetto la cura e la salvaguardia del mondo naturale. Tale ente si occupa altresì di monitorare e catalogare i rischi che minacciano la sopravvivenza delle specie animali e vegetali. L’ultimo allarme lanciato riguarda proprio il leone, il felide più grande dopo la tigre, il cui habitat si è pressoché ridotto all’Africa Subsahariana.

Secondo i dati forniti dall’IUCN, la popolazione complessiva dei leoni selvatici che vive attualmente in Africa non supera le 20.000 unità. Il dato più sconfortante riguarda però il calo demografico: rispetto al 1996, il numero di questi mammiferi carnivori è diminuito del 45%. Con questo trend è logico ipotizzare che il re della savana potrà estinguersi entro il 2050.

Allo stato attuale, il leone è stato inserito nella Red list dell’IUCN con lo status di vulnerabile. A decimarlo è la caccia di frodo che alimenta un mercato molto redditizio. Oltre ad essere un trofeo molto ambito dai bracconieri, che ne prediligono gli esemplari maschi adulti, le ossa di leone vengono considerate alla stessa stregua di amuleti che curano malattie come ulcera e dissenteria.

Queste infondate credenze della medicina tradizionale asiatica, stanno di fatto contribuendo a flagellare la sopravvivenza di un animale sempre più preso di mira dall’uomo. Anche l’urbanizzazione, il progresso tecnologico, le malattie diffuse tra gli esemplari nativi e le guerre civili, compromettono l’habitat naturale di uno dei più grandi predatori terrestri.

Diventa quindi necessario contrastare questa tendenza, che sta progressivamente falcidiando un animale posto in cima alla catena alimentare. Cruciale sarà mettere fine allo sconfortante costume dei trofei di caccia, un mercato che negli 30 anni ha visto come destinazione principale paesi come gli Stati Uniti, il Sudafrica, il Vietnam, la Spagna, la Francia, la Germania e anche l’Italia.

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