Studio sulla musica, da 40 anni sempre più semplice e ripetitiva: è diventata un sottofondo

L’indagine si è concentrata su vari aspetti, quali ripetitività, complessità dei testi ed emotività. I risultati indicano una tendenza verso la semplificazione e l’aumento della ripetitività nei testi.

Studio sulla musica, da 40 anni sempre più semplice e ripetitiva: è diventata un sottofondo

La musica di una volta era decisamente migliore“. Quante volte ci è capitato di sentir pronunciare questa frase o forse, segretamente, di pensarla? La verità, però, potrebbe essere che non è la musica a cambiare in peggio (o in meglio), ma sono i nostri gusti a rimanere ancorati al passato. Eppure, nonostante la natura soggettiva di tali affermazioni, uno studio recente condotto da un team di ricercatori austriaci sembra gettare nuova luce su questa eterna disputa generazionale, suggerendo che, se la qualità della musica pop non è necessariamente diminuita negli ultimi quarant’anni, la sua complessità e varietà sembrano aver subìto un appiattimento.

Pubblicato sulla prestigiosa rivista Scientific Reports, lo studio ha analizzato più di 12.000 brani in lingua inglese rilasciati tra il 1980 e il 2020, spaziando tra vari generi come rap, country, pop, rock, e r&b. Gli aspetti presi in considerazione dai ricercatori includono la ripetitività, la complessità dei testi, e l’emozionalità, al fine di tracciare l’evoluzione del panorama musicale moderno.

I risultati ottenuti indicano una chiara tendenza verso una maggiore semplicità e ripetitività dei testi, con una riduzione della varietà lessicale e un incremento nella ripetizione di strofe e ritornelli. Questo fenomeno si è rivelato particolarmente pronunciato nei brani rock e rap degli ultimi decenni. Inoltre, i testi rap hanno mostrato un aumento dell’emozionalità nel corso del tempo, mentre i generi r&b, pop e country sembrano orientarsi verso contenuti più negativi.

Il crescente utilizzo di termini personali come “me” e “mine” (“io” e “mio“) evidenzia una tendenza verso testi più rabbiosi e autobiografici, suggerendo una virata generale della musica pop verso l’autoreferenzialità. Questo cambiamento nel linguaggio e nei temi trattati potrebbe riflettere un mutamento nelle modalità di consumo della musica, che oggi viene spesso ascoltata come sottofondo di altre attività, piuttosto che come oggetto di attenzione diretta.

Gli autori dello studio ipotizzano che questa evoluzione stilistica possa essere in parte attribuita a come la musica viene oggi fruìta: più che mai come colonna sonora di sfondo, che accompagna l’ascoltatore nelle sue attività quotidiane, piuttosto che come forma d’arte da apprezzare con dedizione. Ciò potrebbe avere incentivato gli artisti a produrre brani orecchiabili e facilmente memorizzabili, ma meno ricchi dal punto di vista lessicale e strutturale.

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