Lo smartphone è spesso al centro di studi per i disturbi che spesso causa in chi lo utilizza. In passato abbiamo parlato della sindrome della vibrazione fantasma che affliggerebbe chi, attendendo continuamente una chiamata o un messaggio, si trovasse sovente a immaginare che il proprio telefono squillasse o vibrasse: oggi è la volta di una nuova ricerca, realizzata da Eurodap, volta a sviscerare il rapporto che gli italiani hanno con il loro smartphone.
La ricerca è stata condotta, dicevamo, da Eurodap (Associazione europea disturbi da Attacchi di panico), su un campione di 1500 persone, uomini e donne, dai 18 ai 60 anni. Dai dati pubblicati emerge che 9 persone su 10 nascondono il proprio smartphone nel timore che finisca in mano di amici o familiari e, addirittura, 8 persone su 10 cambiano spesso il PIN d’autenticazione onde evitare che qualcuno acceda ai contenuti ivi custoditi (a volte generando veri drammi).
Nella peggiore delle ipotesi, il 10% delle persone intervistate si è detto – comunque – molto attento a non scriver mai cose che potrebbero compromettere il rapporto con amici e parenti nel caso lo smartphone finisse liberamente in mano altrui. Entrando nel dettaglio, gli intervistati sino ai 25 anni temono molto i genitori e gli amici – in tema di privacy – mentre, dai 25 ai 60 anni, uomini e donne, temono maggiormente i partner ed i coniugi, ma anche il giudizio dei figli. Dai 60 anni in su la paura va principalmente verso il giudizio dei propri figli.
La motivazione di tal paranoia è spiegata dalla presidentessa dell’Eurodap, la pricoterapeuta Paola Vinciguerra, la quale conferma che, oggi giorno, gli smartphone non servon solo per comunicare ma anche per presentarci agli altri in un modo del tutto alternativo a quello che esibiamo quotidianamente. Lo smartphone, insomma, sarebbe il custode della nostra seconda identità ed il panico e l’ansia che viviamo quando dimentichiamo o perdiamo il nostro smartphone va oltre la dipendenza tecnologica: è puro terrore che qualcuno possa entrare nel sancta sanctorum della nostra identità alternativa.
Per tale motivo, quindi, si nascondono gli smartphone e gli si cambia altrettanto spesso la password: perché essi sono una valvola di sfogo tecnologica verso una dissociazione d’identità che, a volte, può esser persino grave.