Ecco chi ha offerto una mano all’FBI nello sbloccare gli iPhone

La controversia tra FBI ed Apple in merito allo sblocco dell'iPhone del terrorista di San Bernardino sarebbe giunta ad una soluzione: qualcuno avrebbe offerto all'FBI una chiave universale per sbloccare tutti gli iPhone. Con buona pace di Apple...

Ecco chi ha offerto una mano all’FBI nello sbloccare gli iPhone

Ricordate la controversia tra FBI ed Apple in merito allo sblocco dell’iPhone appartenuto al terrorista di San Bernardino? A quanto pare, la situazione di stallo in questione potrebbe essere giunta ad una soluzione grazie ad un misterioso aiuto giunto, all’FBI, da qualche esperto di sicurezza.

Qualcosa del genere, spiega il New York Times, si era già intuito quando – lunedì – l’FBI aveva chiesto il rinvio dell’udienza che l’avrebbe messa, ancora una volta, contro la Apple: l’ente di sicurezza americano aveva chiesto all’Alta Corte di Giustizia un rinvio di un paio di settimane – prossima udienza il 5 Aprile – per poter valutare nuove soluzioni.

Di che soluzioni si parla? Evidentemente qualcuno avrebbe proposto all’FBI un metodo di sblocco piuttosto efficace (non si spiegherebbe, altrimenti, il rinvio di sole 2 settimane dell’udienza).

McAfee (che si era offerto in prima persona) ha dichiarato pubblicamente di sapere sia l’identità della “longa manus” sia il metodo proposto, definito “una chiave universale”. E noi su chi possiamo indirizzare i sospetti?

Certo non su un hacker visto che non hanno proprio un buon rapporto con l’FBI; più probabile una società di sicurezza digitale. Il quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth fa un nome chiaro: la società “spifferona” sarebbe l’israeliana Cellebrite che già da tempo collabora con le agenzie di intelligenze di mezzo mondo nel fornire loro sistemi per estrarre dati da device criptati.

Solo negli ultimi tempi, Cellebrite avrebbe sottoscritto 198 contratti con agenzie governative USA e l’ultimo di questi, “Information Technology Software”, sarebbe stato firmato curiosamente il 21 Marzo: il giorno in cui l’FBI ha chiesto il rinvio dell’udienza contro Apple. Difficilmente può trattarsi di un caso.

Il metodo proposto si baserebbe sulla tecnica del “chip cloning”: il chip nand di memoria dell’iPhone coinvolto dovrebbe essere estratto dal device e clonato, sia per quel che riguarda i dati in esso ospitati, sia per quel che concerne le sue informazioni identificative (seriale, etc). Il tutto verrebbe riportato su un chip gemello che verrebbe facilmente sbloccato: tale tecnica sarebbe già stata provata, con efficacia, su altri iPhone.

Naturalmente, se il famigerato iPhone “del terrorista” verrà sbloccato, Apple dovrà mangiarsi le mani. Tra i giganti dell’Hi-Tech è l’unica società che non ha un programma per ricompensare gli hacker o gli esperti di sicurezza che scoprono falle nel suo hardware-software: Google, per dirne una, dal 2010 ad oggi ha elargito 6 milioni di dollari di premi a favore degli hacker e degli esperti di sicurezza che segnalano vulnerabilità nei suoi prodotti. Ovvio che se scopri un problema ed il diretto interessato se ne frega, ti rivolgi al miglior offerente: nel caso specifico alle munifiche casse del governo USA.

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