Dopo un anno piuttosto difficile per la sfavillante industria del lusso come il 2014, sembra esserci un piccolo barlume di speranza per l’anno appena cominciato, visto e considerato che i fattori negativi che hanno influenzato l’andamento economico nel 2014 si sono, almeno in parte, attenuati. Ad ipotizzarlo sono Scilla Huang Sun e Andrea Gerst, gestori del JB Luxury Brands Fund, che ricordano anche che durante lo scorso anno, nonostante la congiuntura economica piuttosto negativa degli ultimi due anni, la media delle vendite del settore lusso è salita all’incirca del 5%.
“Ci si aspetta che l’industria del lusso cresca del 6-8% quest’anno. Pensiamo che la crescita abbia toccato il suo minimo nel 2014 ed è probabile che risalga nel corso del 2015. Le vendite in Europa sembrano aver toccato il punto più basso, il numero di nuovi consumatori di beni di lusso nei mercati emergenti continua a crescere e molti dei fattori negativi degli ultimi due anni si stanno attenuando. Dovrebbe esserci un’inversione di marcia quest’anno. Ultimo, ma non per importanza, il fatto che il calo degli utili dovrebbe ormai essere alle nostre spalle“.
Come è ovvio, la clientela più tenuta in considerazione da parte degli investitori del settore del lusso è quella dei turisti, che costituiscono un vero e proprio elemento chiave dato che rappresentano il 30 – 40% del target del mercato globale del lusso, e questo vale anche e soprattutto per i turisti cinesi, visto che, nonostante il rallentamento della crescita economica e le misure di austerità adottate dal governo, i cinesi appartenenti alla classe media continuano a viaggiare molto all’estero e, secondo recenti statistiche, durante lo scorso anno, hanno anche aumentato le loro spese nel settore del lusso di oltre il 20%, soprattutto in città europee come Parigi e Milano, dove la crescita dello shopping è stata favorita anche dal deprezzamento della moneta unica europea.
“Tokyo, Seoul e Taipei ora come ora sono le città di tendenza fra i viaggiatori cinesi. In aggiunta a questo, i turisti seguono in una certa misura i movimenti delle valute. Per questo le società che hanno punti vendita in tutto il mondo sono quelle meglio posizionate. Nonostante sofisticate politiche di prezzo, le differenze di prezzo esistono comunque, non da ultimo come effetto di dazi e imposte”.