Ritrovato inedito di Burgess, sequel ideale di "Arancia Meccanica"

È stato recentemente ritrovato un manoscritto inedito di Anthony Burgess, l'autore di "A Clockwork Orange", il libro che ha ispirato il film cult di Stanley Kubrick, "Arancia meccanica", del quale il manoscritto ritrovato sarebbe il seguito ideale.

Ritrovato inedito di Burgess, sequel ideale di "Arancia Meccanica"

Tutti certamente ricordano uno dei più noti film di Stanley Kubrick, “Arancia meccanica“, uscito nel 1971 e tratto dal romanzo di Anthony Burgess dal titolo “A Clockwork Orange“, edito nel 1962 e pubblicato in Italia nel 1969 da Einaudi, inizialmente con il titolo “Un’arancia a orologeria”, per poi adottare, nell’edizione del 2014, il titolo cinematografico. Il film, caratterizzato tra le altre cose dalla splendida colonna sonora che gioca con Beethoven, Rossini e Purcell, racconta la spirale di violenza e follia in cui vive un gruppo di giovani, i drughi, in particolare del loro leader Alex, interpretato da Malcolm McDowell, il giovane con la passione per “il buon vecchio Ludovico Van” e per la violenza estrema, venutagli poi a nausea in seguito alla cura e rieducazione alla non violenza, attraverso un’indigestione di filmati di crimini e atrocità a cui viene sottoposto. Il film ottenne un grande successo al box-office USA, venendo persino candidato agli Oscar nel 1972, dove venne battuto da “Il braccio violento della legge” di William Friedkin, ma riuscendo comunque a portare a casa la statuetta per la migliore sceneggiatura non originale.

Fra i beni dello scrittore britannico, morto nel 1993, è stato recentemente rinvenuto un manoscritto incompiuto finora ritenuto perduto, che funge da continuazione ideale al romanzo che ha ispirato il film di Kubrick. Intitolato “A Clockwork Condition” (“La condizione a orologeria”), il manoscritto si compone di circa 200 pagine dattiloscritte, con l’aggiunta di diverse note scritte a mano dal romanziere, è stato ritrovato nel momento in cui è stata venduta la villa che lo scrittore, vissuto a lungo in Italia, possedeva sul lago di Bracciano; i beni in essa contenuti sono stati donati alla International Anthony Burgess Foundation, che in seguito li ha catalogati. Andrew Biswell, direttore della Fondazione e tra gli artefici della scoperta, docente di inglese, inoltre, alla Manchester Metropolitan University, ha parlato alla Bbc e alla Cnn dei contenuti di questo testo sconosciuto, proprio mentre a Londra si inaugurava la grande mostra su Kubrick al Design Museum.

Secondo Biswell lo scrittore abbandonò il manoscritto quando realizzò di essere un romanziere e non un filosofo. “Il lavoro non è concluso, ma c’è molto materiale. Se si mette insieme si può avere un’idea di quello che sarebbe stato“, ha osservato il docente. Il libro non sarebbe, però, un’opera di narrativa, bensì “in parte una riflessione filosofica e in parte un’autobiografia“, come la descrive Biswell, che aggiunge: “L’opera getta nuova luce su Burgess, Kubrick e le controversie legate al romanzo. ‘A Clockwork Condition’ fornisce un nuovo contesto al titolo più famoso di Burgess, ampliando il suo punto di vista sul crimine, la punizione e gli effetti di corruzione che vengono dalla cultura delle immagini“. Lo stesso titolo si riferisce al “sentirsi alienati, in particolare a causa dei mass media. In questo senso è una cronaca su ciò che successe a lui. La sua vita era stata sconvolta dal successo del film“, conclude Biswell. Il film cult di Kubrick è stato all’epoca accusato di aver ispirato crimini violenti e venne addirittura rimosso dalle sale cinematografiche del Regno Unito, per poi esservi riammesso e pubblicato in home video solo dopo la morte del regista.

L’obiettivo dell’inedito Burgess sembra voler essere la risposta al panico emotivo e morale causato nel pubblico dall’adattamento cinematografico firmato da Kubrick. L’opera include una serie di riflessioni filosofiche sulla condizione umana, che forniscono un contesto per l’opera più famosa di Burgess, amplificando le sue opinioni sul crimine, la punizione e i possibili effetti corruttori della cultura visiva. In un capitolo del manoscritto Burgess scrive che i giovani all’epoca avevano imparato uno “stile di violenza” ma non la violenza stessa, che a suo giudizio era insita in alcune persone. In un altro riflette, invece, sulle conseguenze e sull’impatto della tv, del cinema e della società dei mass media sulla sulla psiche dell’essere umano negli anni Settanta. Descrive l’uomo come “prigioniero di un mondo di macchine, incapace di crescere come essere umano e di diventare sé stesso“. Sembra che il testo dovesse accompagnare una serie di circa 80 fotografie sul tema della libertà e dell’individuo.

Tra gli appunti dello scrittore britannico recentemente riportati alla luce emerge anche un dettaglio relativo alla genesi e scelta dell’insolito titolo del suo romanzo: “Nel 1945, di ritorno dall’esercito, ho sentito un ottantenne cockney” – il dialetto della capitale inglese – “in un pub londinese affermare che qualcuno era ‘folle come un uomo ad orologeria’“. L’espressione letterale usata da Burgess è “as queer as a clockwork orange“, ma la parola “orange” va intesa in nadsat, uno slang inventato dallo stesso Burgess, che mescola vocaboli inglesi con influenze russe; “orange” significa dunque “uomo”, non “arancia”, mentre con la parola “queer” non si intende “omosessuale”, ma “pazzo”. Per quasi vent’anni lo scrittore ha desiderato usarla come titolo di qualcosa, di un’opera che coniugasse il riguardo per la tradizione con una tecnica bizzarra, ed è così che si è arrivati all’inizio degli anni Sessanta e all’ideazione del suo romanzo più famoso che porta il suddetto titolo.

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