Secondo la Cassazione se il datore di lavoro molesta la propria badante non è reato

Una recente sentenza della Cassazione ha stabilito che molestare la badante non è considerato un reato e che il datore di lavoro può rivolgerle delle avances, a patto che però non le vengano rivolte delle minacce.

Secondo la Cassazione se il datore di lavoro molesta la propria badante non è reato

La Corte di Cassazione si è espressa recentemente in merito al tema delle molestie sessuali rivolte alle badanti, facendo riferimento appunto al caso di una badante di origini rumene, vittima di molestie. In base a quanto emerso dalla sentenza della Cassazione, per evitare di essere accusati di molestie sessuali, basta non minacciare apertamente la nostra badante, a prescindere dal fatto che le molestie ci sono state davvero oppure no.

La vicenda alla quale si è fatto riferimento si è svolta in questi termini: una donna rumena di 40 anni è stata assunta per assistere una signora non autosufficiente, ma nel corso del suo periodo lavorativo ha subito pressanti richieste di tipo sessuale dal genero della signora che stava accudendo. Lo stesso genero altro non era che il datore di lavoro della badante, ed è di ben 37 anni più grande di lei.

In seguito a questi eventi, come riporta anche Il Post, la donna rumena ha sporto denuncia per molestie sessuali e minacce di licenziamento. In primo grado, l’uomo è stato accusato di tentata violenza sessuale, ma in seguito la Corte d’Appello ha completamente ribaltato la sentenza. Alla luce di ciò, la donna ha deciso di ricorrere in Cassazione, ma non è riuscita ad ottenere giustizia. I giudici della Corte di Cassazione hanno infatti stabilito che, dal momento che sono ci sono prove certe che riguardano le minacce subite dalla donna, il comportamento del datore di lavoro si può definire soltanto come “moralmente deprecabile”, ma non risulta avere una rivelanza di carattere penale.

La decisione della Cassazione è stata pronunciata in seguito all’ascolto delle registrazioni effettuate di nascosto dalla badante durante alcuni degli approcci che aveva subito dall’uomo. Secondo la Corte di Cassazione, il datore di lavoro non può essere condannato per molestie sessuali perché le richieste rivolte alla signora per offrirsi sessualmente a lui, sono state rivolte alla stessa in maniera gentile e non minacciosa. Anzi, addirittura l’uomo si era proposto di erogare alla signora una somma di denaro nel caso in cui la stessa avesse accettato la sua proposta.

Gli audio che sono stati portati ed ascoltati in tribunale hanno fatto emergere che l’uomo, nelle sue richieste, aveva utilizzato un linguaggio cosiddetto “gentile”, utilizzando termini quali “per piacere” e “per favore” che, secondo la Cassazione, non indicano un atteggiamento minaccioso nei confronti della donna. Inoltre, dai colloqui non sono emerse delle vere e proprie minacce di licenziamento nei confronti della badante, anche se l’uomoa in seguito ha cacciato la signora da casa propria. 

Alla luce dei fatti, la Cassazione ha categoricamente escluso che “siffatte sollecitazioni abbiano superato il limite, moralmente certo deprecabile ma penalmente irrilevante della grottesca e inurbana, ma si ribadisce, penalmente non sanzionabile, richiesta di amori ancillari“. Inoltre, la Cassazione non ha evidenziato alcuna minaccia di licenziamento, perché in seguito all’ascolto delle registrazioni non si evince alcun timore o paura della signora nei confronti del suo datore di lavoro. Anzi, sempre dalle registrazioni, è emerso che la badante si è rivolta all’uomo utilizzando una colorita espressione per rifiutare le avances dello stesso, e per questo motivo, si è escluso categoricamente che la donna possa essere stata soggiogata con violenza dall’uomo. Dalle resistrazioni però è venuto anche fuori che l’uomo aveva utilizzato delle espressioni quali “chi sta a casa mia deve fare quello che dico io“, frasi che però non sono state proprio prese in considerazione.

Purtroppo, casi del genere sono diventati ormai all’ordine del giorno e sono molto più diffusi di quanto si possa pensare. Di recente, Acli colf ha  effettuato uno studio su un campione di quasi 900 colf. Dallo studio effettuato, è emerso che, di queste quasi 900 colf, il 14,2% ha dichiarato di aver subito violenze sessuali. Le collaboratrici domestiche sono quindi spesso oggetto di molestie sessuali, più o meno palesate dai propri datori di lavoro, anche se nella maggior parte dei casi questi eventi non vengono neanche denunciati alle autorità di competenza, forse anche per paura di poter perdere il proprio posto di lavoro.

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