In questi tempi, non è facile trovare un lavoro che soddisfi ma al tempo stesso molti dipendenti lavorano in condizioni precarie disumane e difficili senza alcun rispetto e con una paga alquanto modesta e irrisoria. È quanto sta accadendo in uno stabilimento di Max Mara con le lavoratrici che hanno indetto uno sciopero per le condizioni con cui sono costrette a lavorare ma anche per le parole a loro rivolte.
Il tutto avviene presso la manifattura Max Mara di San Maurizio a Reggio Emilia dove le dipendenti lamentano il trattamento ricevuto. Le dipendenti lavorano sotto pressione, in condizioni devastanti, oltre a subire usura fisica e un mancato riconoscimento a livello economico. Secondo i sindacati, l’azienda sarebbe rimasta a più di 40 anni fa e domanda rispetto per le lavoratrici.
Le lavoratrici, stanche di questa situazione e condizione lavorativa, hanno deciso di dire basta mettendosi così in sciopero. In base alla loro testimonianza, sono state definite “grasse, obese, di fare esercizi per dimagrire e mucche da mungere”. Le donne raccontano che i datori arrivano anche a controllare quante volte vanno ai servizi.
Una situazione per cui hanno detto stop denunciando “condizioni di lavoro non tollerabili”, come ammettono anche dai sindacati. Oltre a queste condizioni, devono subire orari troppo rigidi oltre a una mancata comunicazione e dialogo con i sindacati che stenta. Le 220 dipendenti della manifattura si sentono abbandonate nonostante la loro professionalità nel lavoro.
Secondo la segretaria generale, Erica Morelli, la società è ferma agli anni Ottanta ed è necessario un confronto. La manifattura è solo un esempio e caso che dimostra quanto i fatturati del settore della moda siano in forte calo. Un marchio, nato sotto il segno della famiglia Maramotti, che con il tempo è diventato un’azienda leader del pret à porter, facendosi conoscere ovunque, ma che mostra, come questa storia racconta, diverse lacune.